EDITORIALE – ” “Di cosa ” “vivrà l’Europa?” “

La sussidiarietà
è molto più
di una ricetta
di ingegneria
istituzionale

Dopo Nizza e in visione degli appuntamenti da oggi al 2004, l’Unione europea sta attraversando una fase molto delicata di “rifondazione”, ossia di ridefinizione della propria anima, dei propri obiettivi e, quindi e solo di conseguenza, del proprio corpo, della propria struttura. Ciò equivale a chiedersi: di cosa vivrà l’Europa? Secondo noi l’Unione europea vivrà di sussidiarietà, a patto di recuperare per intero il pregnante senso di questa parola, ed evitandone le derive tecnicistiche. La sussidiarietà è molto più di una ricetta di ingegneria istituzionale.
La sussidiarietà ha una dimensione, che potremmo chiamare umanistica che si oppone ad un’Unione vista come macchina funzionalistica ed operativa. L’economia e la tecnica devono essere “aiutate” dall’etica e dall’antropologia. Un’Europa che non si riconosca in una antropologia, frutto della propria identità e della propria storia, non andrà troppo lontano, anzi potrebbe trovarsi a dirimere questioni di fronte alle quali si trova priva di criteri validi e condivisi. Il pericolo che l’Unione europea sia investita da un’ideologia tecnocratica, non è tanto remoto.
L’Unione europea ha positivamente eroso il concetto di sovranità elaborato nella modernità, ma ci sono sintomi del costituirsi di una nuova sovranità superiore, un centro positivo ed appiattente, un sistema burocratico autoreferenziale che si riproduce per cooptazione e procede per pianificazione tecnocratica centralizzata: in altre parole l’Eurocrazia. L’Unione, come è noto, ha accolto il principio di sussidiarietà nel trattato di Maastricht, ma senza metabolizzare anche il suo substrato antropologico.
Il Papa, il 24 febbraio 2000, parlando alla Pontificia Accademia delle Scienze sociali, ha invitato ad educare l’opinione pubblica al principio di sussidiarietà. Dopo Nizza sono in molti a credere che serva una nuova fase costituente, la quale dovrà però porsi il problema del “bene comune europeo” e soprattutto articolarlo sussidiariamente senza sovrapporlo al bene comune degli altri corpi intermedi. Un processo costituente non dovrebbe rispolverare il vecchi concetto di sovranità, ma farsi carico di ripensare le relazioni tra singoli, corpi intermedi e istituzioni. C’è infine un ultimo livello della sussidiarietà, quello della società civile europea che va potenziata perché non è sufficiente abbattere le barriere e i confini per integrare realmente e soprattutto attivamente, le società civili del continente.
L’Europa non vivrà se non di sussidiarietà. A patto di intendere questo principio nei quattro significati – religioso, etico, istituzionale, sociale – che abbiamo qui esposto. Quattro significati sussidiariamente articolati tra loro.
Stefano Fontana