Un voto da e per i cattolici quello che ha portato Tony Blair a una seconda schiacciante vittoria elettorale.
Così la pensa John Wilkins direttore del settimanale cattolico “The Tablet”, molto letto fra i cattolici intellettuali e professionisti e tra gli anglicani.
“Il partito laburista è senza dubbio quello che ricerca meglio quel ‘bene comune’ indicato dai Vescovi nel loro documento del 1996 ‘Il bene comune e la dottrina sociale della Chiesa cattolica’ come guida al voto – afferma Wilkins – I laburisti hanno ridotto povertà e disoccupazione e sostengono lo Stato sociale, scuole e ospedali pubblici”.
Ancora una volta i cinque milioni di cattolici inglesi, discendenti degli immigrati irlandesi che arrivarono in Gran Bretagna dopo la seconda guerra mondiale, hanno votato in gran parte laburista anche se ormai non sono più “working class”, ovvero operai ma insegnanti, avvocati, professionisti. Il voto dei cattolici è andato ai conservatori soltanto in quei seggi dove il candidato era un cattolico che sosteneva con chiarezza la famiglia, come è capitato a High Wycombe, seggio londinese dove ha vinto il conservatore Paul Goodman, già vicedirettore del settimanale cattolico “The Catholic Herald”.
Il movimento per la vita, che ha presentato propri candidati in trentasei circoscrizioni, non ha ottenuto un buon risultato. Cattolici con un peso politico importante esistono in tutti i partiti, da Charles Kennedy, il leader dei liberaldemocratici che stanno prendendo il posto dei conservatori nel ruolo di opposizione, ai conservatori Ann Widdecombe e John Gummer, al laburista Tony Cunningham.
Tony Blair stesso è molto religioso, anche se in Parlamento vota a favore dell’aborto e William Hague, il leader dei conservatori sconfitto alle ultime elezioni si è più volte definito sostenitore della famiglia e del matrimonio.
In Gran Bretagna hanno vinto i laburisti ma i cattolici non possono non dirsi rappresentati in Parlamento.
Silvia Guzzetti