“Per la prima volta, Giovanni Paolo II visita un paese ortodosso senza l’accordo delle autorità religiose”. “Le Monde” (24-25/6) saluta in questi termini il viaggio del Papa in Ucraina, definendo la meta dell’ultima “missione” apostolica del Pontefice una “polveriera religiosa”. “Questa visita commenta Henri Tincq avviene in un cattivo momento per la Chiesa ‘autonoma’ d’Ucraina, dipendente dal patriarcato di Mosca, in pieno declino. Se la popolazione ortodossa gli resta attaccata per tradizione, essa si è sempre identificata con la dominazione sovietica di ieri e vede dileguarsi il numero dei suoi fedeli a vantaggio delle due Chiese dissidenti, non riconosciute dall’ortodossia mondiale: la Chiesa ‘nazionale’ ucraina del ‘patriarca’ autoproclamatisi Filarete di Kiev; la Chiesa ‘autocefala’ nata dall’emigrazione ultranazionalista. Per il solo motivo di gettare discredito sul patriarcato di Mosca, queste due Chiese ribelli hanno dato il loro assenso alla visita di Giovanni Paolo II e tentano di strumentalizzarla. Questo viaggio, così, complica sia le relazioni intra-ortodosse che i rapporti tra Roma e Mosca”. Poi il vaticanista francese dà una lettura, per così dire, sociologica del viaggio del Papa: “Un abisso si apre tra il clero e la società in cui, più preoccupate della liturgia che dell’azione sociale, le Chiese non hanno che un’influenza marginale (…). Alle critiche sollevate da questa visita, il Vaticano non cessa di rispondere che Giovanni Paolo II non viene a seminare la zizzania, ancora meno a fare proselitismo in una terra di tradizione ortodossa”.
Un “pellegrino ostinato dell’ecumenismo”: così “La Croix” (25/6) definisce Giovanni Paolo II, e aggiunge: “Il Papa tenta di convincere le differenti Chiese ortodosse e cattoliche ad avanzare sulla via dell’unità”. I primi due giorni del viaggio del Papa, si legge nell’articolo del quotidiano francese, “sono stati segnati dalla volontà di non urtare le comunità ortodosse e, più precisamente, la Chiesa ortodossa ucraina sotto la giurisdizione dl patriarcato di Mosca, ostile a questa visita”. Per il Papa, inoltre, “le due Chiese unite a Roma devono superare le divisioni”, soprattutto facendo in modo che i loro rapporti diventino “un laboratorio ecclesiale per costruire l’unità nella diversità”. A proposito del modo in cui Giovanni Paolo II ha “letto” la storia dell’Ucraina, “La Croix” sottolinea che “in nessun momento” il Pontefice ha evocato il passato doloroso “in termini di rimprovero verso gli ortodossi (…). Il Papa ha affermato con dolcezza, senza soffermarsi sulle cicatrici: se ci sono dei torti, essi sono da entrambe le parti; perdoniamoci”.
“Il Papa si appella alla pace per sfidare l’Ucraina”: è il titolo del “Catholic Herald” (29/6), secondo cui “Il Papa certamente crede che la preghiera di Gesù è un ‘ordine’, non un’opzione, e ciò lo conduce a portare a compimento uno dei sogni di questo papato la riunificazione di Est ed Ovest (…). Il Papa sa che se riesce a risolvere i problemi di questa mancanza storica nella cristianità, la testimonianza di Cristo sia ad Est che ad Ovest sarò più potente e gli altri problemi dell’ecumenismo potranno iniziare ad essere affrontati. Episcopato ed Eucaristia significano che abbiamo moltissimo da condividere e che ‘l’ecumenismo della santità’ del sangue dei martiri testimoniano a favore di Cristo”.
Tracciando un bilancio finale del viaggio del Papa in Ucraina, Henri Tincq ( “Le Monde”, 29/6) osserva che la visita del Santo Padre “ha confermato la rinascita della Chiesa ‘uniate’ greco-cattolica, ieri perseguitata, nell’ex repubblica sovietica. Ma sembra anche aver definitivamente sancito il disaccordo tra questa ed il patriarca ortodosso di Mosca, Alessio II”. Il semplice fatto, ad esempio, che alcuni fedeli ortodossi abbiano partecipato alle celebrazioni di Kiev e di Leopoli è bastato perché il Papa “venisse accusato di essere alleato dell’Ucraina nel dividere l’ortodossia. Le Chiese dissidenti commenta Tincq hanno approfittato del posto lasciato vuoto dalla Chiesa ufficiale per ottenere un riconoscimento pubblico. Mosca rischia di rimproverare lungamente al Papa l’abbraccio dato a Filarete, patriarca autoproclamatisi di Kiev, già noto per le sue critiche contro la Russia”. La “scommessa” di Giovanni Paolo II, sintetizza comunque il vaticanista, “era di attestare la vitalità della sua Chiesa orientale d’Ucraina, senza compromettere le possibilità di rinnovare il dialogo con la grande tradizione ortodossa slava. Non è certo che questa scommessa sia stata vinta, ma ciò non lo fermerà certamente. Come pressato dal tempo, egli sembra risoluto ad avanzare e a rompere questa regola del gioco ecumenico imposta da Mosca che consiste nel rimandare la ripresa del dialogo al giorno in cui le divisioni storiche, teologiche, politiche saranno tutte superate. Cioè a mai”.
E’ un chiaro successo la visita del papa in Ucraina secondo la stampa di lingua tedesca. In un editoriale non firmato, la Frankfurter Allgemeine Zeitung del 28/6 esamina tutti gli aspetti del viaggio per dedurne un commento assai positivo. Le parole del Papa hanno infatti restituito, secondo la FAZ, centralità a “problematiche religiose ed al significato del cristianesimo per lo sviluppo sociale e politico del Paese”. Argomentazioni “sulle quali da decenni non c’era più alcuna forma di dibattito”. Positivo il viaggio anche in chiave ecumenica. Anzitutto perché il Papa si è chiaramente presentato come “fratello degli ortodossi e non per fare proseliti tra gli ucraini come le autorità religiose di Mosca ed alcuni esponenti ucraini sostenevano”. Ora la parola passa agli ortodossi “che continuano a dare l’impressione di richiamarsi allo stile sovietico quando negano l’indipendenza religiosa al territorio ucraino”. Un “sospetto rafforzato” dall’identità di vedute “con il discusso leader bielorusso Lukatschenko con il quale Alessio II ha condiviso le critiche al viaggio e l’appello agli ucraini ad entrare in una sorta di federazione russo-bielorussa”. Secondo il quotidiano tedesco il Papa ha vanificato questi tentativi “rivolgendosi all’ortodossia ucraina come a un tutt’uno, chiarendo che la divisione interna in tre chiese è un anacronismo”. Chi ha guadagnato in “credibilità” da questa visita è anche il presidente ucraino Kutschma che ha “respinto i tentativi politico-religiosi da parte russa di far fallire la visita”. Questo atteggiamento si spiega anche alla luce “ di un mutamento politico della comunità internazionale che dopo anni di aspre critiche rivolte alla democrazia ucraina sembra ora aver orientato il suo comportamento ad una nuova realpolitik”.
Decisivo per la FAZ è stato anche l’appello alla riconciliazione formulato a Limburgo. “Ciò che unisce è più importante di ciò che divide, è il nocciolo centrale del messaggio papale”. L’unico aspetto non chiaro riguarda per il quotidiano di Francoforte lo sviluppo del dialogo con la chiesa ortodossa. “Alessio II rimane ben confinato all’interno della sua chiesa assieme alla sua cerchia rivolta al passato” e il Papa sembra “sottrargli lentamente gli argomenti per continuare a negare il dialogo con Roma”. Certo non si sa se dopo la visita di Giovanni Paolo II i cattolici ucraini “sapranno perseguire i suoi scopi ecumenici con la medesima decisione”.
Positivo anche il commento dell’agenzia cattolica austriaca Kathpress a firma di Ludwig Ring-Eifel (28/6), per un viaggio che “ha riscosso consensi maggiori di quello che gli osservatori pensavano”. Anche “nonostante il mancato incontro col metropolita ortodosso Wolodymyr” il Pontefice non ha mancato “di rivolgersi con parole amichevoli all’orotodossia e di ribadire l’invito al dialogo”. Dal punto di vista popolare il viaggio è stato poi un “completo trionfo” sottolineato positivamente anche “ dalla sempre crescente attenzione dei media ucraini”. Ciò che rimane ancora in dubbio è anche per la Kathpress “il rapporto con Mosca“. “Ucraina e Bielorussia conclude la nota – appartenevano al nucleo centrale dell’Unione sovietica e a tutt’oggi nell’ottica russa rientrano nell’area di potere politico religioso di Mosca”. Eppure dopo il viaggio in Ucraina “ciò non rappresenta più un ostacolo per il Papa polacco, che ha ancora una volta ribadito la sua visione dell’Europa che, ancorata ai valori cristiani, si spinge dall’Atlantico agli Urali.”
a cura di Maria Michela Nicolais
e Patrizia Collesi