Si diffonde in Europa una nuova
consapevolezza
dell’importanza
dei diritti umani.
Ma troppo spesso
l’impegno si
rivolge solo al di là delle frontiere dell’Unione.
Lo afferma
il responsabile
europeo di Amnesty International
Da quindici anni, Amnesty International ha un ufficio a Bruxelles che si occupa dei contatti con le Istituzioni comunitarie. Dick Oostings , inglese, lavora ad Amnesty International da oltre trent’anni e dirige l’ufficio di Bruxelles. Abbiamo commentato con lui la recente discussione sui diritti umani in seno al Parlamento europeo.
Quali sono le misure che il Consiglio e le altre Istituzioni europee dovrebbero adottare per migliorare la situazione dei diritti umani in Europa e nel mondo?
“Fino al Trattato di Maastricht del 1992, la Comunità Europea consisteva in un’entità sostanzialmente economica: ad eccezione di alcune sporadiche risoluzioni del Parlamento Europeo, né il Consiglio né la Commissione avevano competenze precise in materia di diritti umani. Con Maastricht, per la prima volta i diritti umani sono divenuti uno dei principi fondanti dell’azione dell’Unione (art.6), soprattutto per quanto riguarda il secondo pilastro della politica estera e di sicurezza comune. Su l’impulso delle Ong del settore, tra cui Amnesty International, Consiglio e Commissione hanno adottato una serie di ambiziosi provvedimenti volti a definire strategia e contenuto dell’impegno comunitario in favore della salvaguardia dei diritti umani nel mondo; ad esempio, le linee-guida sulla lotta contro la pena di morte o, più di recente grazie all’iniziativa della Presidenza svedese, gli orientamenti sulla tortura. Sussistono però due motivi di preoccupazione. Da un lato, all’attenzione dimostrata dall’Unio-ne per la dimensione esterna non corrisponde ancora un eguale grado di vigilanza per quanto concerne la situazione all’interno delle frontiere comunitarie, dove i casi di violazione dei diritti malgrado non eclatanti e perciò non denunciati dai media sono quotidiani. Dall’altro, è evidente la mancanza di coerenza e costanza tra l’enunciazione teorica dei diritti e l’azione concreta per favorirne applicazione e rispetto”.
Il Pe ha recentemente approvato due relazioni e due risoluzioni sulla situazione dei diritti umani nel mondo e sul rispetto dei diritti fondamentali nell’Unione Europea. Come giudica questi documenti?
“Amnesty International ha più volte criticato il fatto che il Parlamento Europeo (Pe), a seguito dell’entrata in vigore del Trattato sull’Unione, si sia ‘messo in disparte’ abbandonando il ruolo attivo che gli era proprio negli anni ottanta. Addirittura, la sottocommissione per i diritti umani è stata incorporata nella Commissione per la politica estera, venendosi a creare una situazione di sostanziale assenza dell’assemblea di Strasburgo dal dibattito sui diritti umani, all’interno come all’esterno dei confini europei. Fortunatamente, la crescente importanza che l’Ue conferisce ai diritti dell’uomo anche da un punto di vista del bilancio comunitario ha creato all’interno del Pe una nuova consapevolezza. Purtroppo è innegabile la scarsa valenza pratica di una lunga risoluzione discussa e approvata una volta l’anno dal Parlamento europeo che tratta indistintamente tutti i temi legati ai diritti dell’uomo”.
La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea è stata di recente firmata a Nizza. Condivide l’opinione di chi ritiene che la Carta dovrebbe essere “emendata”?
“Il grande valore della Carta consiste proprio nel fatto che è ora possibile fare riferimento ai suoi articoli per misurare il comportamento delle Istituzioni nei confronti del cittadino. Certamente la Carta è anche un documento ‘cauto’, per la maggior parte riaffermazione di strumenti legislativi già esistenti. Tra i quali la Convenzione europea sui diritti dell’uomo che l’Ue, in quanto organismo sovranazionale, non intende ancora ratificare. Ma senza l’adesione dell’Unione europea alla Convenzione sui diritti dell’uomo, l’Europa comunitaria non partecipa di fatto al sistema internazionale di tutela dei diritti dell’uomo. E’ necessario fare maggiore affidamento su strumenti che già esistono, potenziando i mezzi che permettano all’Europa un’azione coerente ed efficace in casa propria. Perché, purtroppo, l’impegno per i diritti umani comincia ancora troppo spesso solo al di là delle frontiere”.
G.A.G