islam – ” “Rileggere insieme il passato” “

Per vincere la sfida dell’integrazione e della convivenza
tra cristiani e musulmani bisogna cominciare a rileggere insieme il passato, senza pregiudizi. E’ il suggerimento di padre Hans Vöcking
moderatore
del Comitato
congiunto,
cattolico-protestante, “Islam in Europa”

“Cristiani e musulmani in Europa: responsabilità ed impegno religioso nella società pluralista”. E’ il tema di un incontro che si svolgerà dal 12 al 16 settembre prossimo a Sarajevo, organizzato congiuntamente dal Consiglio delle conferenze episcopali europee (Ccee) e dalla Conferenza delle Chiese europee (Kek). L’incontro, a cui prenderanno parte cento persone, è organizzato dal Comitato congiunto Kek-Ccee “Islam in Europa” di cui è moderatore
Hans Vöcking . All’incontro parteciperanno – oltre ai membri del Comitato – 20 cattolici, 20 rappresentanti della Kek, e 20 musulmani, per lo più intellettuali e delegati delle organizzazione islamiche europee. In Europa vivono circa 22 milioni di musulmani. Le comunità più numerose sono presenti in Francia (4 milioni) e Germania (3 milioni). Il seminario di Sarajevo – ha spiegato al Sir Vöcking – si articolerà in tre tappe: “la prima giornata è dedicata alla riflessione sulle identità religiose e sulla sfida delle diversità in un’Europa che è diventata sempre più secolarizzata e pluralista; nella seconda giornata si analizzeranno le radici dei conflitti e le speranze per una purificazione della memoria ed infine lo studio di come le comunità religiose possono contribuire a costruire una società migliore”. Per capire meglio i temi dell’incontro abbiamo parlato con Vöcking.

Come si presenta l’universo Islam in Europa?
“Nei 15 Paesi della Comunità europea, ci sono tra i 10 e i 12 milioni di musulmani e altrettanti se ne contano nell’Europa dell’Est e nell’Europa centrale. Dunque nel nostro continente vivono circa 20 milioni di musulmani. Nella maggior parte dei Paesi – ad eccezione della ex Jugoslavia e della Bulgaria – la loro presenza è relativamente recente e frutto di un’immigrazione di non lunga durata. I musulmani, inoltre, sono per lo più organizzati presso i loro paesi d’origine. Il secondo fattore da considerare è che l’Islam si presenta come una realtà estremamente pluralista: si va dai musulmani molto tradizionali, ai militanti vicini ai movimenti islamici, fino a chi sta cercando forme nuove di Islam, rompendo un po’ con la tradizione classica ed optando per una fede senza implicazioni sulla vita sociale e politica. Riassumendo si può dire che in Europa, si può pensare all’Islam solo al plurale”.
Quali sono le sfide più importanti da affrontare?
“Ci sono due questioni che verranno affrontate all’incontro di Sarajevo. Innanzitutto l’eredità del passato: i rapporti tra i cristiani d’Europa e i musulmani del Medio Oriente e della Turchia sono stati fortemente segnati da una storia di violenze e guerre: dall’espansione rapida e armata dei musulmani, alle crociate fino all’epoca coloniale. Questa storia chiede oggi a cristiani e musulmani di rileggere insieme il passato e di farlo non in maniera ideologica ma sulla base dei fatti realmente accaduti. La seconda sfida è invece più attuale: i musulmani sono in Europa una minoranza e sono venuti qui come lavoratori o come rifugiati politici. Vivono in una situazione minoritaria ma non si sentono riconosciuti come tali da una società europea che li teme”.
Quale impegno si prospetta per le comunità religiose?
“Si sta davvero aprendo un capitolo nuovo per i cristiani d’Europa che devono sempre più trovare forme rinnovate per spiegare il loro modo di vivere la fede di fronte a uomini e donne che appartengono a culture e tradizioni religiose diverse. E’ un fenomeno ancora troppo nuovo per essere compreso e vissuto pienamente e tutto ciò richiede tempo. Si cominciano comunque ad intravedere delle novità anche in questo contesto. Nella maggior parte delle conferenze episcopali europee, per esempio, ci sono uomini e donne che hanno approfondito la conoscenza dell’Islam. Sempre più frequenti sono gli scambi di auguri tra cristiani e musulmani per la fine del Ramadan, per il Natale o la Pasqua… Si sta inoltre rivelando sempre più necessario formare gli insegnanti e le persone che lavorano nei servizi sociali. Ed infine occorre coinvolgere le comunità di base”.
a cura di Maria Chiara Biagioni