” “Quotidiani e periodici” “internazionali” “

Il dibattito sulla globalizzazione, alla vigilia del G8 di Genova, trova spazio anche sulla stampa europea. Di un mondo cattolico “diviso” sull’interpretazione del fenomeno parla, ad esempio, il “Catholic Herald” (13/7), commentando i rispettivi contenuti del Manifesto firmato da circa 40 associazioni cattoliche e non governative (presentato in occasione del “G8 cattolico” svoltosi nei giorni scorsi nel capoluogo ligure, cfr. Sir nn. 51 e 52/2001) e di un altro documento siglato da un gruppo di 30 intellettuali, scienziati e giornalisti cattolici.
I due testi, si legge nell’articolo pubblicato dal settimanale cattolico inglese, contengono posizioni diametralmente opposte sulla globalizzazione, schierandosi pro o contro quella che è ormai diventata una delle caratteristiche dominanti delle attuali società occidentali. Il manifesto cattolico presentato a Genova in vista del G8, denunciano i firmatari del documento “antagonista”, “corre il rischio di far tornare i cattolici alla situazione di 25 anni fa”: quella, cioè, della “subordinazione alle ideologie e agli slogan di gruppi politici e movimenti che non hanno niente in comune con la nostra fede”. Nel testo delle 40 associazioni, sostengono in particolare gli estensori dell’altro manifesto, “non viene detta una parola contro l’aborto, l’eutanasia, i programmi di sterilizzazione collettiva nei paesi del Terzo Mondo, o gli esperimenti di genetica sugli esseri umani”.
Sull’ “International Herald Tribune”, invece (14-15/7), il premio Nobel Amartya Sen fa alcune precisazioni a suo avviso essenziali per comprendere il complesso fenomeno della globalizzazione, andando al di là della troppo facile schematizzazione tra fautori e detrattori di essa. Le proteste anti-globalizzazione, puntualizza innanzi tutto l’economista indiano, non sono “sulla globalizzazione” in generale ma riguardano alcuni fenomeni presenti nel mondo globalizzato. Questo perché la globalizzazione, in sé , “non è una follia”, visto che “ha arricchito il mondo scientificamente e culturalmente e ha fatto sì che ne traessero beneficio economico molte popolazioni”. Ciò non toglie, sottolinea però l’autore dell’articolo, che la “sfida centrale” della globalizzazione sia la disuguaglianza: “La rilevante disuguaglianza comporta disparità ma anche una grande asimmetria nel potere politico, sociale ed economico. Una questione cruciale riguarda la condivisione dei potenziali vantaggi della globalizzazione tra paesi ricchi e paesi poveri e tra differenti gruppi all’interno dei paesi”. La domanda fondamentale a cui rispondere, sostiene Sen, riguarda l’uso dell’economia di mercato che “può produrre risultati molto differenti, che dipendono dal modo in cui le risorse vengono distribuite, da come le risorse umane vengono sviluppate e, in tutti questi ambiti, da quale ruolo svolgono lo Stato e la società, all’interno del paese e nel mondo”. Senza dubbio conclude l’economista, “una costruzione globale è la necessaria risposta ai dubbi globali. Le proteste anti-globalizzazione sono esse stesse parte del generale processo di globalizzazione, dal quale non c’è scampo”.

La questione del finanziamento pubblico della ricerca sulle cellule staminali provenienti da embrioni umani divide la Casa Bianca. E in Europa? A fare il punto della delicata questione è Laurent d’Ersu , che su “La Croix” del 10/7 sintetizza le diverse posizioni assunte dai paesi europei in questo ambito.
Mentre gli inglesi hanno autorizzato la ricerca sulle cellule staminali embrionali , politici e scienziati discutono ancora in Francia e Germania. Secondo Gerhard Schroeder, ad esempio, “niente può fermare il progresso scientifico. Non c’è bisogno di essere profeti per prevedere che una legge che impedisce interamente la ricerca sarebbe votata alla sconfitta”: di qui l’inutilità, per il cancelliere tedesco, di “mettere un freno” alla ricerca sulle cellule staminali embrionali. In Germania, però, il dibattito in materia è ancora aperto, in attesa che la rispettiva Commissione parlamentare esprima le sue raccomandazioni. A mostrare prudenza, infine, è anche la Francia, che ha rinunciato a presentare al Parlamento la riforma della legge sulla bioetica prima delle elezioni presidenziali e legislative del 2002. Oltralpe i “saggi” si oppongano “a qualunque idea di utilizzazione dell’embrione a fini terapeutici, mentre il progetto di legge lasciava la porta aperta a tale pratica”. Anche Chirac si è mostrato molto fermo: “Non sono favorevole all’autorizzazione della clonazione terapeutica”, ha dichiarato nei mesi scorsi, paventando soprattutto lo spettro di un “traffico di ovociti”.
M.M.N.