GIUSTIZIA, NON VENDETTA

La croce e il perdono” “


“Anche oggi ci sono
le croci: questi
due grattacieli distrutti sono come la croce sopra la Terra.
Dobbiamo fare progetti per imparare
e insegnare l’amore”


Dopo gli attentati che hanno colpito gli Stati Uniti, un caloroso invito alla pace viene dal cardinale
Miloslav Vlk , arcivescovo di Praga. Negli anni ’70, sulle strade della sua città, Vlk emise un voto al Crocifisso in un giorno d’inverno, mentre puliva le vetrine dei negozi dello Stato comunista di allora: il suo lavoro per quasi dieci anni. Privato della possibilità di esercitare il suo ministero sacerdotale, il giovane sacerdote trovò proprio nella Croce “la via, il dialogo in quelle difficili condizioni”, amando anche i nemici.

In questo momento di tensione a livello mondiale, quale messaggio di speranza e di pace dare a chi parla di vendetta, di odio e di guerra e a chi teme per la pace?
“Sono convinto che dobbiamo imparare dalla storia, dagli avvenimenti che sono già accaduti. Abbiamo visto, e possiamo vederlo nuovamente, che l’odio non è la soluzione di niente. Abbiamo un’esperienza forte, quella della seconda guerra mondiale, le cui radici erano l’odio per altre razze. Finito il conflitto, si è trasformato nella guerra fredda: di nuovo l’odio di classe. Allora c’è stata ancora un’ecatombe di migliaia di morti. Mi sembra che non abbiamo imparato abbastanza dalla storia che abbiamo vissuto”.
O forse non ricordiamo più?
“Non riflettiamo bene e non riconosciamo la realtà. Finita la guerra fredda, si è trasformata in un’altra guerra: quella del terrorismo, con lo stesso odio, che a volte può provenire addirittura da certe correnti religiose. L’odio è arrivato al livello che abbiamo visto negli Stati Uniti e ora tutti siamo sotto choc: prima non ci siamo resi conto della situazione”.
Cosa imparare da una tragedia come questa?
“L’insegnamento di quanto è accaduto è cambiare, cambiare, cambiare, perché l’uomo è creato per l’amore. Si fanno tanti piani e programmi: adesso è necessario trovare un programma, non una vendetta per comportarsi allo stesso modo dei violenti. Bisogna trovare un modello nuovo”.
Quale, secondo lei?
“Sono convinto che sia la croce, questo modello nuovo. Non penso che dobbiamo portare la croce, ma sapere e riconoscere bene che la croce è una rivelazione estrema dell’amore estremo di Dio. Gesù aveva tanti motivi per la vendetta: ha fatto sempre del bene a tutti e la risposta per lui è stata la morte, la crocifissione. Lui aveva la forza e il potere per fare vendetta; invece ha detto: ‘Padre, perdona loro perché non sanno quello che fanno’. Questo è un modello. Dobbiamo fare progetti per imparare e insegnare l’amore. Gesù sulla croce è innalzato ed esaltato sulla Terra perché possiamo vederlo bene. Anche oggi ci sono le croci: questi due grattacieli distrutti sono come la croce sopra la Terra affinché capiamo. Non vedo nessun altra strada”.
Anche il dialogo interreligioso deve seguire la stessa strada?
“Esattamente la stessa. Da parte nostra si deve morire, che vuol dire: stare zitti prima, aprirsi per l’altro, ascoltarlo, capire i suoi dolori e le sue motivazioni, e poi l’altro avrà la possibilità di svuotarsi nel mio vuoto: così ci capiremo di più. La croce è modello del dialogo esistenziale tra Dio e gli uomini, e anche degli uomini tra loro”.
Quindi siamo chiamati sempre a fare il primo passo?
“Certo. Chi non lo fa non accetta la croce e il suo insegnamento: così Gesù ha salvato il mondo e due millenni sono la prova della verità di questa salvezza. Lo posso dire perché la mia esperienza di vita, durante il comunismo, va proprio in questa direzione: non lo affermo solo come una teoria, ma come espressione della mia esperienza”.
Cosa ricorda, in particolare?
“All’inizio del comunismo, negli anni ’50, abbiamo aspettato la salvezza dagli Stati occidentali democratici, dalle armi americane, dalle forze umane. Dio ci ha fatto capire piano piano, come Chiesa, che la strada del futuro era un’altra”.
Laura Badaracchi