RASSEGNA STAMPA

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Gli attacchi terroristici alle Torri Gemelle di New York e al Pentagono di Washington monopolizzano l’attenzione dei principali quotidiani internazionali fin dall’indomani della tragedia dell’11 settembre. I quotidiani del 12/11 parlano, infatti, di vera e propria “Apocalisse” per gli Stati Uniti. “Assalto all’America”, titola, ad esempio, il Financial Times, che mette in primo piano il discorso del presidente Bush alla nazione. Stesso titolo, “Attacco all’America”, per la Frankfurter Allgemeine, mentre l’ Herald Tribune parla di “abbraccio mortale” al cuore dell’America, e titola descrivendo l’azione di guerra: “Jets dirottati colpiscono le Torri Gemelle a New York e attaccano il Pentagono”. Nei giorni e nelle settimane seguenti, si susseguono i commenti e le analisi; ne citiamo a puro titolo esemplificativo alcuni tra i più recenti.
“La guerra dell’ombra è cominciata”.
Titola così Le Monde del 1° ottobre, che in prima pagina annuncia un ampio dossier sull’operazione delle forze speciali americane ed inglesi in Afghanistan, impegnate nella cattura di Osama Bin Laden, ma anche nella preparazione – giudicata ormai imminente – dell’attacco militare in risposta agli attacchi terroristici dell’11 settembre. Il quotidiano francese, in particolare, definisce la risposta anti-terrorista occidentale “una combinazione di operazioni spettacolari e di azioni clandestine”. E in un dossier speciale nelle pagine interne, intitolato “Afghanistan, l’assalto impossibile”, Sylvain Cypel si interroga su quale guerra sarà quella voluta dall’America per reagire alla violenza della tragedia che l’ha colpita al cuore: “Contro chi esattamente? E precisamente con quali alleati? (…) Una guerra geograficamente circoscritta o una guerra ‘mondiale’ contro il terrorismo?”. Quello che è certo, sostiene l’autore dell’articolo, è che “l’Afghanistan è per l’Asia centrale un ‘misto’ di quello che furono storicamente la Polonia e i Balcani per l’Europa. Un crocevia-chiave altamente strategico che attira permanentemente le brame dei suoi vicini (russi, persiani e indiani specialmente). E, nello stesso tempo, un paese straziato da scissioni, conflitti interni, alleanze e contro-alleanze periodiche, dove etnie e religioni sono inestricabilmente mescolate”. Anche La Croix del 26 settembre dedica un dossier di otto pagine sull’Islam, dal titolo esplicativo: “L’islamismo non è l’Islam”. L’invito del quotidiano francese, in sintesi, è quello di “resistere alla tentazione delle semplificazioni”, visto che – ricorda Michel Kubler “non esiste un unico Islam, ma differenti tradizioni” e che “l’islamismo stesso si declina, a seconda dei periodi e dei contesti, in modi ben differenti che non sono sistematicamente guerrieri”. Di fronte all’Islam e alla diversità dei suoi impieghi, tra gli scogli del candore e della diabolicità, bisogna fare opera di discernimento: mettersi all’ascolto dell’altro per conoscerlo, studiare la sua storia e la sua dottrina per meglio comprenderla senza condividere tutto forzatamente”.
Secondo il Catholic Herald (21/9), “i cattolici (…) devono fermamente ripudiare quelle tendenze razziste che identificano la religione musulmana con la simpatia per le rivendicazioni dei vari gruppi fondamentalisti che hanno dichiarato una guerra santa contro gli Stati Uniti”. Quello che è “innegabile”, comunque, è che si tratta di una guerra, “nel senso che siamo tutti coinvolti in un confronto che può richiedere anni per essere risolto, e che certamente comporterà un conflitto armato. La guerra è stata dichiarata da un nemico dal quale ora dobbiamo difendere noi stessi: e ci vuole poco a capire che la mentalità di coloro i con i quali siamo in conflitto comporta una guerra che deve terminare con la loro distruzione”.
Anche i giornali tedeschi hanno lasciato il posto agli articoli di commento e alle riflessioni sull’accaduto e, se da una parte campeggia su tutti la frase “ niente sarà come prima“, riportata ad esempio sul quotidiano bavarese Sueddeutsche Zeitung il 24/09/01, nel dossier “ La guerra dell’America contro il terrorismo“, d’altra parte è innegabile che ci si interroghi su quelli che sono stati i rapporti della Germania con l’Islam e con i terroristi che hanno spesso trovato rifugio nel paese. In tal senso i giornali danno molto spazio a notizie di sicurezza interne, così la Frankfurter Allgemeine Zeitung (2/10) titola polemicamente in terza pagina “ Gli islamici in Germania sono di interesse collettivo?” , l’articolo in cui l’autore Udo Ulfklotte mette in evidenza come i contributi statali destinati a comunità di tipo religioso con finalità benefiche siano stati spesso utilizzati per finanziare un gruppo terrorista mediorientale.