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Quotidiani internazionali” “

“La fragilità del Papa provoca preoccupazione in Vaticano”. E’ il titolo di prima pagina dell’ Herald Tribune del 16/10, che proprio nel giorno in cui si festeggia il compimento del 23° anno di pontificato di Giovanni Paolo II riporta alla ribalta del dibattito internazionale la questione della “successione” papale, o delle sue eventuali (ma non previste dalla Chiesa) “dimissioni” in caso di gravi problemi di salute. Secondo quanto scrive Daniel Williams sul quotidiano americano, gli “osservatori vaticani” sarebbero preoccupati perché le precarie condizioni di salute del Pontefice “potrebbero renderlo inabile e lasciare la chiesa senza guida o nelle mani di collaboratori che agiscono nel nome di un papa inconsapevole”. “Le numerose leggi e regole vaticane – fa notare l’autore dell’articolo – non hanno niente a che fare con l’inabilità di un papa. Non esiste nessun meccanismo in grado di rimuovere un papa che diventi malato cronico, senile o persino comatoso. Nessuno ha l’autorità di mettere fine alla vita di un papa nel caso gli venga messo un respiratore e la diagnosi non offra speranza di ricovero. Per il momento, solo un certificato di morte può mettere fine ad un papato”. Ma “una lenta malattia papale o un declino mentale”, sottolinea Williams, “potrebbe, nel tempo, impedire importanti funzioni ecclesiali e perfino limitare il ruolo del papato nel mondo”.
Continuano, naturalmente, gli editoriali e i commenti sul conflitto in atto in Afghanistan. “Verso una nuova guerra fredda?” è, ad esempio, il titolo di un articolo firmato da Patrice de Beer su Le Monde, in cui si fa notare che l’obiettivo americano – come più volte dichiarato da esponenti politici, diplomatici e militari – va ben al di là dei confini territoriali entro cui ci si sta muovendo in questi giorni. Il “nuovo mondo” assomiglia all’antico? Non sul piano tattico, è la risposta dell’autore dell’articolo: “La concertazione nel seno di un’alleanza formale, come la Nato, sembrerebbe sorpassata da una amministrazione che vuole approfittare dei vantaggi che gli fornisce una coalizione senza doverne subire le costrizioni istituzionali”. “La violenza è sempre un rischio per l’umanità”, titola La Croix del 12/10, a proposito di un’intervista esclusiva a mons. Jean-Louis Tauran, raccolta da Jean-Marie Guénois. Tauran, in particolare, ricorda le condizioni a cui deve rispondere l’offensiva militare per dimostrarsi una risposta commisurata alla gravità degli attacchi terroristici dell’11 settembre: “proteggere la vita degli innocenti e non prendere i civili come obiettivo diretto degli attacchi; il ricorso alla forza deve essere proporzionato al male che si combatte, e non dovrebbe ricalcare i mezzi impiegati dall’avversario; l’utilizzazione di armi di distruzione di massa è in ogni caso da escludere, in considerazione del loro potere devastante a lunga portata”. Secondo l’esponente della Santa Sede, inoltre, “noi abbiamo sufficienti mezzi giuridici per risolvere i problemi politici e fornire una soluzione giusta e pacifica ai conflitti che attanagliano la Terra Santa, come agli altri conflitti in corso nel mondo”.
Lo Spiegel del 15/10 titola in copertina “La guerra dei mondi”. Polemico l’atteggiamento in merito al lancio contemporaneo di bombe e generi di prima necessità, espresso nel reportage a firma di numerosi giornalisti: “Secondo le regole orientali – si legge sul settimanale tedesco – gli afgani accetterebbero qualcosa lanciato da un aeroplano da un nemico straniero soltanto in caso di enorme necessità”. Negativa anche la valutazione della Frankfurter Allgemeine Zeitung, del 12/10 che, nell’articolo “Non mescolare le azioni militari e quelle umanitarie” riporta il giudizio negativo delle Organizzazioni non governative tedesche in merito all’operazione: “Le organizzazioni umanitarie – si legge – disapprovano profondamente l’operato” , definito dal Governo “una componente positiva dell’operazione” . Dedicato all’analisi dei rapporti Islam Occidente è l’editoriale sulla FAZ del 15/10 , in prima pagina, dal titolo indicativo “L’immagine del nemico” che afferma: “L’Islam non deve essere scambiato con l’Islamismo, tantomeno col terrorismo. La religione dell’Islam merita il nostro rispetto, i suoi fedeli in Germania hanno diritto a quelle libertà, di cui godono tutti gli altri”.¤