il conflitto" "

Una testimonianza ” “dall’Afghanistan” “” “

Abbiamo raggiunto telefonicamente Thomas Koenig, ” “medico volontario, responsabile ” “degli aiuti di Misereor nell’area di guerra” “” “

Misereor, l’ente caritativo della Chiesa tedesca, finanzia numerosi progetti di aiuto ai paesi in via di sviluppo, uno di questi progetti, denominato Lepco (Controllo della Lebbra e Programma di Sviluppo) è attualmente portato avanti in Afghanistan e Pakistan (vedi SirEuropa 2, p.4). Abbiamo raggiunto telefonicamente a Islamabad Thomas Koenig , medico volontario, responsabile e coordinatore del progetto, per conoscere gli ultimi sviluppi della situazione.

Quante persone lavorano al progetto di Misereor?
“Ci sono 3 coordinatori, di cui uno tedesco, un pakistano, un afgano e 90 collaboratori, di cui 80 in Afghanistan 10 in Pakistan”.
Cosa è più necessario in questo momento? Viveri? Medicine?
“Tutte le organizzazioni umanitarie stanno cercando di far pervenire aiuti in Afghanistan; più che altro si tratta di mezzi di sussistenza, ma visto che siamo in prossimità dell’inverno cerchiamo di mandare anche aiuti di altro genere, come coperte. E’ però difficile che questi mezzi raggiungano effettivamente le loro destinazioni, più facile è arrivare nelle città, nei villaggi è più complesso, ma è proprio lì che è più necessario far arrivare gli aiuti, in modo che gli abitanti non si vedano costretti ad abbandonare i luoghi e si creino così ulteriori flussi di profughi”.
Avevate ottenuto cinque tonnellate di materiale medico e medicine dall’Organizzazione mondiale della sanità, da destinare a Peshawar. L’operazione è stata portata a termine?
“Nei giorni scorsi abbiamo portato la metà del carico al di là del confine afgano, ma una buona parte è rimasta ancora al di qua, in quanto il rischio era che i materiali andassero persi, dato che una quantità tanto ingente è difficilmente controllabile. Preferiamo suddividere le spedizioni in piccoli quantitativi, curando particolarmente la sicurezza del trasporto in modo che i materiali giungano a destinazione con sicurezza e non ci siano rischi di perdite”.
Quali sono le reazioni dei profughi di fronte alle operazioni angloamericane?
“Le reazioni sono estremamente diversificate: coloro che sostengono i Talebani si comportano in maniera molto aggressiva mentre coloro che li avversano sperano, nonostante la loro delicata situazione, nella vittoria dell’alleanza del Nord; ma questo varia da regione a regione, da territorio a territorio. Ad esempio, nelle zone vicino al confine, dove predomina l’etnia Pashtum il sentimento pro talebano è più forte, mentre altrove si guarda all’intervento americano in maniera più ottimistica”.
E’ possibile, adesso, come proponeva Misereor, portare avanti, oltre ad un programma di istruzione di base, anche un’introduzione alla medicina di base?
“Finora il programma ha riguardato più che altro i bambini. Stiamo valutando su come sia possibile estenderlo anche agli adulti, ma questo presuppone di partire dall’alfabetizzazione. In seguito sarà il caso di affrontare il tema delle donne e di offrire loro delle conoscenze di base. Purtroppo in questo momento difficile fare programmi precisi perché il tipo di intervento varia con il luogo dove ci troviamo ad operare, con le varie esigenze e secondo le diverse modalità prescelte. In molti distretti a volte siamo gli unici che forniamo aiuti medici. Cercheremo, per il futuro, di concentrarci di più sui bambini, sulle donne in gravidanza, sulle neo mamme”.
Patrizia Collesi