il conflitto" "

Si prepara l’esercito europeo” “” “

"Oggi ci sentiamo più vulnerabili e questo rafforza la solidarietà tra i Quindici"” “” “

Ieri, 24 ottobre, nel corso della sessione plenaria del Parlamento europeo a Strasburgo, Elmar Brok ha presentato, a nome della Commissione affari esteri, la relazione sui progressi realizzati nell’attuazione della Politica estera e di sicurezza comune. La relazione afferma che la lotta al terrorismo deve essere elemento centrale di tale politica. Per fare il punto sulla Politica estera e di sicurezza comune dell’Unione (PESC) e della Politica europea di sicurezza e di difesa (PESD) abbiamo intervistato Nicole Gnesotto , francese, da due anni Direttore dell’Istituto di Studi sulla sicurezza dell’Unione dell’Europa Occidentale (UEO, cfr. scheda pagina seguente).

Qual è la situazione attuale della PESD, alla luce soprattutto delle conclusioni del Vertice straordinario del 21 Settembre scorso? Si può parlare di “modello europeo di difesa”?
“La guerra nei Paesi dell’ex-Jugoslavia, ed in particolare il conflitto nel Kossovo, ha causato una vera e propria rivoluzione della politica comunitaria in materia di difesa e sicurezza. Partendo dal 1999 per giungere a Nizza, alla fine del 2000, si è agito per mettere in atto la politica europea di difesa. E’ importante ricordare che quest’ultima resta comunque parte della politica estera e di sicurezza comune. Non essendoci alcuna limitazione della sovranità nazionale nell’ambito della difesa non si può quindi parlare in senso stretto di modello comunitario. Esiste solo un modello intergovernativo europeo (continentale) che con la fine della guerra fredda e dopo l’11 Settembre si è consolidato con strategie di rafforzamento del consensus tra i Governi, basato su mezzi e capacità al servizio sempre e comunque della politica estera comune”.
Senza volere mettere in discussione le alleanze, esistono aspetti che possono differenziare la posizione dell’UE rispetto a quella di USA e NATO?
“C’è stato uno shock che ha portato e porta a forme di solidarietà “istintiva”. Gli USA sono stati colpiti in prima persona, e guidano quindi la risposta. Ma è anche l’Europa ad essere stata offesa; anche noi ci sentiamo oggi più vulnerabili e ciò rafforza il sentimento di solidarietà. Se si vuole, i Quindici hanno sentimenti di allineamento proprio per la paura e la consapevolezza di essere vulnerabili quanto e più dell’America, come testimoniano i progressi in materia di giustizia e affari interni impensabili fino a poche settimane orsono. Ma sarebbe sbagliato ritenere che l’Europa si costruisca sulla differenziazione con l’America: il criterio di esistenza dell’UE non è la differenza con gli USA. Rispetto al problema afghano, ad esempio, vi sono sfumature importanti, magari poco visibili, che riguardano la gestione politica a lungo termine della lotta antiterrorismo”.
Si va apparentemente verso eserciti specializzati ed indipendenti che assumono sempre più funzioni di polizia internazionale. Ci sono rischi per il controllo democratico ed il rispetto della volontà popolare?
“Non direi che gli eserciti siano sempre più specializzati. Peraltro, è vero che dai tempi del conflitto in Jugoslavia la frontiera tra esercito e forze di polizia internazionale si è assottigliata. Vi è piuttosto un’estensione del mandato, una fusione di funzioni tra militari e polizia che genera una simbiosi dei compiti e delle responsabilità. Per quanto attiene al controllo democratico dell’azione militare, nei Paesi dell’UE esso spetta ai Parlamenti nazionali. Se la politica di difesa non è ancora una politica comunitaria a tutti gli effetti significa che si mettono in comune le sole responsabilità, non le sovranità. La questione del conferimento al Parlamento Europeo di competenze in materia di PESC e PESD sarà comunque oggetto di discussione nel corso dei lavori preparatori della Conferenza intergovernativa del 2004”.
Gian Andrea Garancini – Bruxelles