MEDITERRANEO

Uniti dallo stesso mare” “

Si cercano nuove strade per la cooperazione e la conoscenza reciproca

Un piano d’azione per il dialogo tra le culture e le civilizzazioni nel Mediterraneo verrà presentato il 5 e 6 novembre a Bruxelles, in occasione della riunione dei 27 ministri degli esteri del “processo di Barcellona” (v. scheda pagina seguente). Il piano d’azione prevede una serie di iniziative concrete nei settori gioventù, istruzione e media per promuovere il dialogo e la conoscenza reciproca tra le sponde Nord e Sud del Mediterraneo. Sono coinvolti i 15 Paesi dell’Unione europea più gli altri 12 Paesi rivieraschi non appartenenti all’Ue. Al riguardo abbiamo intervistato Philippe Cichowlaz , direttore responsabile dei dossier “politica regionale comunitaria” e “sviluppo del partenariato euromediterraneo” presso la Conferenza delle Regioni Periferiche Marittime d’Europa (CRPM), con sede a Rennes, in Francia, istituzione molto attiva a livello comunitario per la difesa e la promozione degli interessi delle aree di mare.

A che punto è il processo di Barcellona?
“Il processo è stato lanciato anni orsono ed ha attraversato varie fasi. Quando, negli anni ’90, la Commissione europea inaugurò il partenariato euromediterraneo, l’intento era di agevolare la cooperazione tra le collettività locali e la società civile delle due sponde del Mediterraneo ed avvicinare i cittadini alle istituzioni attraverso un lavoro comune che li coinvolgesse in prima persona. Oggi ci si rende conto che risulta difficile mettere in pratica tutto questo perché il ruolo auspicato per le Regioni e le collettività locali di ravvicinamento dei popoli non è stato rispettato. Tale volontà, espressa a più riprese nei testi comunitari, non è mai stata sostenuta da strumenti operativi efficaci: il programma MEDA non è stato in grado di rispondere alle esigenze del partenariato ed è ora in stallo. Malgrado tutto, le Regioni del Mediterraneo vogliono ancora e sempre più fare cooperazione, in molti settori: turismo, cultura, ambiente, solo per citarne alcuni. Purtroppo, l’impressione è che invece la Commissione avanzi molto lentamente”.
Qual è il ruolo delle Regioni nel promuovere la cooperazione e il dialogo tra le diverse sponde del Mediterraneo?
“Posso rispondere con un esempio che riguarda una Regione italiana. Nell’ambito di Euromed, la Toscana porta avanti ottimi progetti tripartiti comuni con Israele e Palestina. Malgrado le diverse sensibilità della diplomazia, gli eletti locali e i cittadini sono riusciti a promuovere e fare cooperazione. Le Regioni hanno mostrato di poter superare le difficoltà diplomatiche dando esempio di collaborazione. Ciò fa ben sperare perché con ogni probabilità gli eletti locali di oggi saranno i politici nazionali di domani. Un secondo aspetto del ruolo regionale è la maggiore capacità di programmazione ed attuazione di progetti. In un momento storico in cui gli Enti locali guadagnano prerogative in seno agli Stati, le Regioni dimostrano di avere migliori capacità progettuali e flessibilità finanziarie”.
Che impulso possono dare al partenariato euromediterraneo i fatti dell’11 settembre?
“Le opinioni al riguardo sono diverse. Da un lato, i pessimisti ritengono che il sostanziale blocco del programma MEDA abbia aggravato le tensioni nel bacino sud del Mediterraneo. La crisi seguita agli attentati in America potrebbe costituire un ulteriore ostacolo sulla strada del rilancio del processo di Barcellona. Dall’altro lato, esiste la speranza che l’UE si renda conto dell’insufficienza del metodo diplomatico tradizionale e che per il progresso delle relazioni euromediterranee bisogna associare tutti gli attori a tutti i livelli. Comunque, fare una previsione sull’evoluzione futura del partenariato è oggi azzardato, anche se sembra legittimo nutrire timori. L’Unione non può permettersi di trascurare ancora il ruolo delle collettività locali”.
G.A.G.