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Le chiese cristiane ” “chiedono ai governi europei di ratificare ” “il protocollo di Kyoto ” “per la riduzione ” “dei gas serra” “” “
Il cambiamento climatico sta mettendo a rischio la vita del pianeta e costituisce oggi “una sfida nuova e calzante per le Chiese, in particolare per le Chiese europee”. Per questo è importante che l’Europa non segua l’esempio degli Stati Uniti e sottoscriva al più presto e senza esitazione il protocollo di Kyoto sulla riduzione delle emissioni di anidride carbonica. L’allarme e l’appello sono contenuti in un dossier di 50 pagine dal titolo “Cambiamento climatico una sfida per le Chiese in Europa”, realizzato per iniziativa dell’Ecen (Comitato europeo cristiano per l’ambiente) da un gruppo di teologi e scienziati, per la maggior parte di tradizione cristiana (protestanti, ortodossi e cattolici romani) di tutto il continente.
La situazione. Gli allarmi della comunità scientifica si stanno facendo “sempre più insistenti”. L’andamento climatico del nostro pianeta sta peggiorando di anno in anno, tanto da prospettare un incremento della media della temperatura di 5,8 gradi entro il 2100. “In questo caso osservano le Chiese – le conseguenze sul sistema climatico del pianeta sarebbero devastanti come mai prima si era potuto immaginare”. Le Chiese dedicano un intero capitolo del dossier all’analisi delle conseguenze che il surriscaldamento dell’atmosfera può provocare. “E’ difficile si legge predire i cambiamenti in dettaglio, ma non ci sono dubbi sulla direzione generale”. “Piogge pesanti e lunghi periodi di aridità si verificheranno sempre più frequentemente. Alluvioni e siccità avranno un forte impatto sul pianeta. I ghiacciai si ritireranno ma, la cosa più grave sarà lo scioglimento della neve sulle montagne che ridurrà la stabilità delle pendenze, incrementando il rischio di frane. In molti posti il livello del mare salirà considerevolmente”.
L’appello all’Unione europea. Nonostante l’evidenza scientifica, “le nazioni industrializzate continuano ad evitare di prendere misure concrete”. Aveva fatto ben sperare la Conferenza sul cambiamento climatico che si è svolta nel novembre del 2000. Ma la Conferenza è fallita. Sulla ricostruzione della vicenda, il dossier delle Chiese cristiane è chiaro: “Nel marzo del 2001, il presidente George W. Bush ha dichiarato che gli Stati Uniti non erano preparati a ratificare il protocollo di Kyoto, affermando che sarebbe stato contrario agli interessi economici del paese”. Per diventare un testo obbligatorio, il protocollo di Kyoto deve essere ratificato da almeno 55 Paesi, responsabili del 55% delle emissioni di Co2. “Poiché gli Stati Uniti sono responsabili del 25% delle emissioni prosegue il dossier il Protocollo ha bisogno della ratifica di tutti gli altri paesi industrializzati”. Ecco perché l’appello delle Chiese si rivolge alle nazioni europee. “L’Europa, e specialmente l’Unione europea ha giocato fino ad oggi un ruolo cruciale. Le Chiese del continente dovrebbero chiedere ai governi di prendere le loro responsabilità, ratificare il Protocollo di Kyoto e continuare ad essere leader nel processo”.
L’impegno delle Chiese. Nell’ultimo capitolo del dossier, le Chiese cristiane mettono a confronto il punto di vista protestante, ortodosso e cattolico. “Con il recente fallimento delle negoziazioni sul Protocollo di Kyoto scrive l’ortodosso Dimitri Oikonomou è arrivato il momento per le Chiese europee di agire e di promuovere ogni forma di iniziativa concreta per un controllo sul cambiamento climatico e le emissioni di gas”. “Coloro che si sono opposti ad agire esclusivamente in base ai ritorni finanziari e alla crescita economica afferma invece il protestante Martin Robra – lo hanno detto spesso: non ci sono alternative”. E il cattolico, Markus Vogt aggiunge: “Ciò di cui si ha bisogno, è la capacità di esercitare una nuova forma di solidarietà globale, che includa anche le generazioni future. Per il loro messaggio universale, le Chiese cristiane sono presenti oggi in tutte le parti del pianeta. La loro unità in Cristo li obbliga al rispetto dell’opzione preferenziale per i poveri. Questa considerazione ha importanti conseguenze sul loro impegno a proteggere il clima perché le prime vittime dei cambiamenti climatici sono proprio i più poveri della terra. La battaglia per la giustizia globale non è possibile senza mettere in atto al tempo stesso progetti di sviluppo e difesa dell’ambiente”.
M.C.B.