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"Non è più ammissibile guardare alle piccole imprese come ai fratelli poveri della grande ” “industria", lo dice Gerhard Hueler, dell’Unione Europea ” “dell’artigianato ” “e piccole imprese” “” “
Terminato con un apparente successo il round negoziale dell’Organizzazione mondiale del commercio a Doha, in Qatar, si tratta ora di vedere se le nuove regole dell’Omc riusciranno a garantire in maniera più equilibrata lo sviluppo globale. In proposito, SirEuropa ha incontrato Gerhard Hueler , austriaco, direttore della politica economica e fiscale di Ueapme, l’Unione Europea dell’artigianato e delle piccole e medie imprese.
Come commentare i risultati di Doha?
“E’ positivo il fatto che questo round negoziale sia finito con la previsione di aprirne un altro in tempi brevi non più soltanto sui temi dell’agricoltura e del Gatts. Per l’Europa si tratta finalmente di poter discutere su tutti i dossier dell’industria e del commercio mondiale. Vi sono alcuni motivi per essere soddisfatti: l’agenda dei prossimi negoziati agricoli prevede la riduzione delle sovvenzioni all’esportazione, circostanza che permetterà ai Paesi poveri di occupare più facilmente fette di mercato; il peso dell’Europa è ormai pressoché paritario con quello degli Usa. Ma sussistono anche motivi di preoccupazione. Le Piccole e medie imprese europee, ad esempio, non guardano al mercato globale come fattore primario di profitto: esse sono più interessate ai mercati locali, regionali o nazionali ed a uno sviluppo stabile e duraturo in Europa prima che altrove. Da questo punto di vista, Doha soddisfa maggiormente la grande industria”.
Quanto durerà ancora la situazione di “colonizzazione economica” da parte dei Paesi ricchi?
“Il punto principale è che non si è stati capaci di attuare politiche creatrici di valore aggiunto per i Paesi meno avanzati (Pma): a questo va aggiunta l’assoluta mancanza di strutture e istituzioni in grado di garantire che profitto e valore aggiunto prodotti nei Pma restino nei Pma. Non si può ancora dire con certezza se le nuove regole dell’Omc in quanto tali saranno utili ai Pma. Personalmente, ritengo che dopo Göteborg, Genova ed i fatti dell’11 settembre il dibattito che si è aperto mostra la volontà dei Paesi più forti di riequilibrare le relazioni con i deboli. Sia la Commissione sia la grande industria europea sanno bene che nel lungo periodo tale conflitto non gioverà nemmeno ai ricchi”.
Come giudica la politica dell’UE a favore delle piccole e medie imprese?
“Non è più ammissibile guardare alle piccole imprese come i fratelli poveri della grande industria che hanno bisogno di carità. Va detto, comunque, che la necessità di regole amministrative diverse per le Pmi è ormai riconosciuta; per il mercato del lavoro, per il fisco, per l’ambiente, per la politica sociale. La questione di fondo è che la maggior parte delle difficoltà delle piccole e medie imprese possono essere risolte solo dalla politica nazionale. Noi cerchiamo di fare squadra con la Direzione generale Imprese della Commissione, per lo meno per quanto riguarda la sensibilizzazione e la presa di coscienza, settore dove purtroppo i governi intervengono ben poco. Non serve solo che l’Europa o gli Stati membri finanzino qua e là progetti più o meno grandi: quello che ci vuole è la creazione di un ambiente migliore per le piccole e medie imprese”.
“Quali sono le prospettive di questo settore alla luce dell’Euro?
“La moneta unica rappresenterà senz’altro uno stimolo alla maggiore internazionalizzazione delle imprese dell’area dell’Euro. “Fare business” fuori dai confini sarà più facile, malgrado la concorrenza più agguerrita. Prevedo problemi nel corso delle prime due settimane di gennaio, perché una rivoluzione simile non potrà mai essere pianificata nel dettaglio da tutte le Pmi. Esse sono comunque flessibili e si adegueranno in fretta, magari anche improvvisando, investendo per chi non l’ha ancora fatto – in sistemi elettronici di pagamento che renderanno commerci e transazioni più agevoli”.
G.A.G.