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I vescovi europei ” “si mobilitano contro il terrorismo ma ” “chiedono che la tutela ” “dell’ordine pubblico ” “non sacrifichi ” “il rispetto dei diritti” “” “” “
“La creazione di uno spazio europeo di libertà, sicurezza e giustizia, nel quale i diritti e le libertà di tutti saranno protetti, è uno sviluppo molto prezioso”. Ma occorre che “l’equilibrio tra il bisogno di sicurezza e la protezione dei diritti e delle libertà fondamentali sia rispettato”. Lo scrive la Comece (Commissione degli episcopati della Comunità europea, che riunisce vescovi rappresentanti dei 15 Paesi dell’Unione europea, più altri osservatori dei Paesi candidati) in una nota diffusa a conclusione della sessione plenaria autunnale che si è svolta a Bruxelles, a porte chiuse, il 22 e 23 novembre, centrata sul tema “L’Ue di fronte alla sfida del terrorismo”. Nel corso della sessione i vescovi sono stati informati sulle misure proposte dalla Commissione europea per combattere il terrorismo, a partire da una sua definizione comune e dall’introduzione di un mandato d’arresto europeo che dovrebbe essere accettato dai ministri europei per la giustizia e gli interni.
“Siano protetti i diritti e le libertà fondamentali”. I vescovi hanno espresso preoccupazione per il “rischio che la legislazione sia adottata troppo rapidamente (senza una profonda riflessione preliminare), in risposta alla minaccia terroristica attuale. Ciò potrebbe provocare la corrosione di una tale protezione e incoraggiare, involontariamente, una discriminazione verso alcuni membri della nostra società, tra quelli già più vulnerabili, come i richiedenti asilo e i membri delle minoranze etniche”.
Una raccomandazione ribadita in conferenza stampa anche da mons. Attilio Nicora, vicepresidente della Comece, che ha invitato a “bilanciare sempre il bisogno dell’efficacia nella tutela dell’ordine pubblico con il rispetto dei diritti umani, due esigenze che appartengono alla grande tradizione europea. Bisogna infatti evitare che nel nome della lotta giusta si allarghi troppo l’area dei sospettati”: “Saper coniugare questi due elementi – ha puntualizzato mons. Nicora – è compito dei giuristi e dei politici: noi vescovi richiamiamo ai valori e incoraggiamo gli impegni dell’Unione, sperando negli esiti positivi”. Di certo, ha detto al Sir mons. Nicora, l’Europa “può dare un apporto prezioso nello sviluppo di forme di unificazione dell’identificazione del reato di terrorismo e delle procedure giudiziare volte a perseguirlo. E’ un punto delicato perché comporta la rinuncia ad aspetti della sovranità nazionale, ma è un passo in avanti e un segno della volontà di muoversi veramente insieme quando sono in gioco i valori fondamentali della convivenza civile”. “La lotta al terrorismo ha poi sottolineato – deve andare di pari passo con la soluzione dei gravissimi problemi che sono alla radice di questi fenomeni e che ne costituiscono il terreno di coltura. Bisogna che tutti gli Stati facciano uno sforzo per ridurre la povertà nel mondo, che porta a situazioni disumane e disumanizzanti”.
Giustizia e dialogo interreligioso, vie per la pace. I vescovi sottolineano inoltre che “un vero dialogo tra le culture e le civiltà deve includere un dialogo tra le religioni. Il dialogo interreligioso è molto più che tolleranza religiosa: è un impegno serio e continuo, fondato sul rispetto reciproco”. A questo riguardo, la Comece dà la sua disponibilità ad “aiutare le istituzioni europee a rilanciare questo elemento essenziale del processo di Barcellona” e invitano ad analizzare le radici profonde del terrorismo. “La libertà e l’indipendenza di cui godiamo in Europa si legge nel testo non sono condivise in tutto il mondo, e l’assenza di mezzi di espressione democratici possono provocare l’estremismo fanatico. L’ineguaglianza materiale, in un mondo in cui il 20% delle persone controllano l’80% delle ricchezze, può anche essere un terreno propizio per il terrorismo”. Ecco perché la “Comece chiede all’Unione europea di raddoppiare gli sforzi per ridurre la povertà, per promuovere la democrazia, i diritti dell’uomo e lo stato di diritto, e per contribuire a stabilire un ordine mondiale più giusto”. I vescovi chiedono anche all’Ue di “assumersi le proprie responsabilità nelle regioni apparentemente dimenticate dai mass media, come l’Angola o il Sudan, dove conflitti di lunga durata hanno aggravato lo sfruttamento delle risorse naturali, in cui sono talvolta implicate compagnie che hanno sede in Europa”.
La Comece ha pubblicato, il 24 ottobre scorso un rapporto, preparato da esperti internazionali, sulla “Governance mondiale”, ossia la proposta di istituire un gruppo formato da 24 membri (tra capi di Stato e di Governo, responsabili delle Nazioni Unite e delle Istituzioni internazionali finanziarie) che rappresentino, in modo equilibrato, tutte le popolazioni del mondo, per fare in modo che la globalizzazione “diventi un’opportunità per tutti” (cfr SirEuropa n.4 del 25 ottobre 2001). Mons. Josef Homeyer, vescovo di Hildesheim in Germania e presidente della Comece, ha reso noto che in questi giorni il rapporto verrà diffuso nelle varie Conferenze episcopali nazionali perché ne discutano e copia verrà data anche al Papa e a diverse Istituzioni internazionali. “L’obiettivo ha spiegato il vescovo tedesco è che l’Europa porti al mondo il proprio contributo a livello etico. La Chiesa da parte sua, promuoverà incontri interculturali e scambi di esperienze e conoscenze”.
A questo proposito è stata ribadita l’importanza del dialogo tra le religioni, in particolare con l’Islam, auspicandone “una ripresa ed un rafforzamento” malgrado la difficoltà di trovare i giusti interlocutori per l’assenza di leader rappresentativi. Il vescovo ausiliare di Stoccolma, mons. William Kenney e mons. Nicora hanno suggerito “di avviare intanto il dialogo con i musulmani che ci sono accanto, in termini di vita, di amicizia e di confronto sui grandi valori”. “Sarebbe anche bello ha auspicato mons. Nicora che ogni grande religione prendesse nettamente posizione su questi temi. E’ vero che l’Islam non ha un’autorità centrale che possa farsi voce di tutti, ma è anche vero che le realtà accademiche potrebbero prendere una posizione comune, incoraggiando indirettamente gli sforzi di tutti”.