L’escalation di morti e violenza in Medioriente monopolizza l’attenzione dei quotidiani internazionali, impegnati ad analizzare le cause dell’inasprirsi del conflitto israeliano-palestinese e a prevederne gli esiti futuri. “Ariel Sharon vuole la fine di Yasser Arafat”, è il secco titolo di Le Monde del 5/12, che nelle pagine interne dedica ampio spazio alla questione della Terra Santa. “La radice del conflitto del Medio Oriente scrive Arno Klarsfeld sul quotidiano francese non è né Gerusalemme né l’estensione dei territori destinati al futuro Stato palestinese. La radice è il rifiuto dei dirigenti arabi e dei dirigenti palestinesi di accettare lo Stato di Israele come uno Stato ebraico”. Affinché la pace “possa stabilirsi tra le due nazioni”, è la tesi dell’autore dell’articolo, “bisogna, prima di tutto, rinunciare all’odio e al terrorismo come mezzi politici. Ma i dirigenti arabi e l’Autorità palestinese hanno interesse a tale rinuncia? Una pace con Israele significherebbe, più o meno a lungo termine, la democratizzazione dei regimi arabi e dunque la caduta delle dittature. Meglio, allora, per i dittatori mantenere le loro popolazioni nell’odio degli ebrei e di Israele”. “Il demone dell’odio”: si intitola così l’editoriale firmato da Bruno Frappat su La Croix (3/12), che soffermandosi sulla posizione assunta dalle due parti in conflitto commenta : “La minaccia è il fallimento. L’accecamento degli attori locali, gli occhi inchiodati sulle loro piccole tattiche, potrebbe essere corretto da una visione ampia delle potenze da cui essi dipendono. Quanti morti ci vorranno ancora affinché con la stessa determinazione i responsabili americani prima, e subito dopo quelli europei, accettino una buona volta di mettere in atto una mediazione efficace? A questo punto di odio cristallizzato, il minimo ritardo rivela la non-assistenza a popoli in pericolo”. Di una “rappresaglia” di Israele dopo l’intensificarsi degli attacchi palestinesi parla l’ Herald Tribune (5/12), secondo il quale l’offensiva in atto nei territori e nella striscia di Gaza ha visto intensificarsi la presenza israeliana e ha aumentato il grado di violenza “che ora divide più profondamente le due popolazioni”.
La Conferenza di Bonn sul futuro dell’Afghanistan viene analizzata nell’articolo di Hartmuth Palmer “ Salvare la faccia” sullo Spiegel (3/12). L’autore dell’articolo ricorda che Joscka Fischer, ministro degli esteri tedesco, nel suo saluto ai delegati “ aveva abbellito la cruda realtà; il Paese avrebbe potuto contare adesso sul sostegno finanziario se si fosse attenuto alle condizioni dettate dalle Nazioni Unite: denaro contro pace“, in quanto “ scopo della Conferenza era quello di tenere legati i gruppi rivali, con la maggior cautela possibile, a questa formula brutale”. Ancora sulla Conferenza, in particolare in merito al ruolo delle donne, Sabine Muscat sulla Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ) del 30/11 nota che diverse sono state le donne partecipanti ai lavori. In comune avevano “ tre punti che vorrebbero veder garantiti in una nuova costituzione: parità di diritti nell’istruzione, sul posto di lavoro e negli incarichi pubblici“.
“ Questione di tempo” è il commento che la FAZ (4/12) dedica alla problema dell’importazione di cellule staminali embrionali, a favore del quale si è espresso il Consiglio etico nazionale: “ Con una ricerca ‘logorante’ sulle cellule staminali, come verrà fissata sotto la pressione delle organizzazioni scientifiche viene spalancata la porta ai cloni terapeutici.” Già Maas politico della SPD ha “ rotto il tabù, dichiarando che deve essere cambiata la legge sulla tutela dell’embrione e permettere i cloni terapeutici” ora, continua l’autore anche gli altri politici “ non possono più nascondere le loro vere idee. I cittadini devono sapere da chi dipendono“.
“ Discreti come banchieri tedeschi” è il titolo dell’articolo di Peter Wensierski che lo Spiegel del 3/12 dedica al patrimonio delle istituzioni cristiane in Germania. Si tratta del frutto di una ricerca triennale del politologo Carsten Frerk (che sta per pubblicare i risultati sotto forma di volume: “ Finanze e patrimonio delle Chiese in Germania”) condotta in modo minuzioso analizzando bilanci e raccogliendo dati che mancavano da lungo tempo. Risultato di questa indagine è che “ il patrimonio complessivo delle Chiese viene stimato a 981 miliardi di marchi: e questo fa delle Chiese le imprese più ricche della Germania“, sostiene l’autore.