editoriale" "

Una contestazione silenziosa” “” “

14 dicembre: giornata di digiuno per la ” “pace. "E’ un atto ” “sorprendente di ” “liberazione"” “” “

Il Papa Giovanni Paolo II ha invitato tutti i cristiani a vivere il 14 dicembre come un giorno di digiuno per la pace nel mondo. Come comprendere questo invito del Santo Padre? Per molti dei nostri contemporanei, non è facile afferrare il senso del digiuno. Sembrerebbero le vestigia di una spiritualità superata e persino sbagliata, fondata sul disprezzo del mondo materiale e del corpo, oppure un’esaltazione della privazione come fine a se stessa. La Bibbia invece ci dice alla sua prima pagina che “Dio vide quanto aveva fatto, ed ecco, era cosa molto buona”. Il cristiano non può credere in una salvezza che implica un rifiuto della creazione. Quale può essere allora la giustificazione del digiuno per noi?
Ormai da anni, dei giovani di molti paesi diversi vengono sulla nostra collina di Taizé per vivere una settimana di preghiera e di condivisione con tanti altri. Quando chiediamo a questi giovani di riassumere la loro esperienza in una parola, non di rado si sente la risposta “semplicità” o “essenzialità”. Delle persone nate e cresciute nelle nostre società dell’abbondanza hanno nostalgia, talvolta senza accorgerselo, di una vita più semplice, più centrata sull’essenziale. Si sentono sommersi da tante cose, tante possibilità, tante scelte che si profilano davanti a loro. Il mondo odierno corre ad un passo sempre più rapido e non ammette la possibilità di fermarsi neanche per un attimo, per riprendere fiato e riflettere sulle vere priorità.
Davanti a questa situazione drammatica, il digiuno appare come un atto sorprendente di liberazione. È una maniera molto concreta di dire: basta! Non bisogna correre sempre più rapidamente, avere sempre di più, fare sempre di più, sfinirsi in una ricerca sempre più affannata di beni che si rivelano in fin dei conti inutili, se non nocivi. L’atto di privarsi per un periodo di cose pur belle in sé, di rinunciare provvisoriamente a delle possibilità anche interessanti, ci indica che il nostro destino non è lasciarsi sopraffare dalle cose, che l’uomo resta nonostante tutto il valore originario. Riprendendo le parole di Cristo, il digiuno indica che “l’uomo non è fatto per il mondo, ma il mondo per l’uomo”.
Il digiuno è una contestazione silenziosa di una società basata sul consumare e sull’accumulare. Ci dice che l’essenziale della vita non consiste nel avere ma nell’essere, addirittura nell’essere in comunione. Ci fa apprezzare di più le cose materiali: ricordiamo che il digiuno in sé è una privazione provvisoria e non definitiva; non è affatto un rifiuto delle cose, cerca invece di frenare un appetito vorace che in fin dei conti non valorizza la creazione, che viene vista soltanto come una cosa da consumare. Ci apre a una vita sobria, dove impariamo ad accogliere con gioia e con gratitudine i doni di cui Dio ogni giorno ci colma. Ovviamente, il digiuno di cui stiamo parlando non si limita al fatto di rinunciare al cibo, di “mangiare di magro”. Nei nostri giorni, è essenziale scoprire altre forme di rinuncia provvisorie che possono essere ancora più significative. Per esempio, recentemente si ha proposto una “giornata del non acquisto”, una moratoria di 24 ore sul consumismo. Poi c’è chi limita o anche sopprime le ore passate davanti alla televisione o su Internet, o chi rinuncia ad accendere la radio automaticamente ogni volta che entra in macchina, riscoprendo così la bellezza del silenzio.
Nella più autentica tradizione ebraica e cristiana, il digiuno va sempre di pari passo con la preghiera e l’elemosina Una semplificazione della vita senza un’apertura verso Dio e un’attenzione verso gli uomini meno fortunati rischia di diventare soltanto una forma più raffinata di egoismo. Oggi, in un mondo dove aumenta sempre di più l’abisso tra ricchi e poveri, c’è un bisogno urgente di porre dei segni di condivisione, pure piccolissimi, che anticipino una società di solidarietà fra tutti. La rinuncia è così la faccia “negativa” di una più grande disponibilità. Il vuoto che crea apre la possibilità di avvicinarsi di più a Dio nel silenzio e nella preghiera, e ai nostri fratelli mediante atti di servizio e di condivisione spirituale ma anche materiale. “Una continua semplificazione dell’esistenza – scrive frère Roger, il fondatore di Taizé – ci conduce lontano dalle vie sinuose sulle quali si smarriscono i nostri passi. Semplificare per vivere intensamente: e vi troverai il gusto della vita. Ed ecco che, anche con mezzi assai poveri, la tua creatività giunge a produrre la bellezza attorno a te”.