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Il "modello di Magonza"” “

Cresce la disoccupazione in Germania: la Caritas critica le ” “politiche del governo” “” “” “


4 milioni di disoccupati a fronte di 38 milioni che esercitano un’attività lavorativa. Questi dati, riferiti al dicembre 2001 e diffusi la scorsa settimana, fotografano il delicato momento che la Germania sta vivendo dal punto di vista occupazionale. In un’intervista comparsa sullo Spiegel del 14 gennaio, il cancelliere Schröder, in corsa per la rielezione, ha proposto di estendere ad altre parti del Paese un modello di sostegno dell’occupazione, definito “Modello di Magonza”, sperimentato nel Land Rhein-Pfalz, in cui si trova appunto la città di Magonza. Questo modello occupazionale è rivolto alle fasce di lavoratori con basso salario e con scarsa qualificazione e ai disoccupati di lungo periodo. Dal momento che il salario più basso parte da un minimo da 325 euro al mese non risulta essere appetibile per chi cerca lavoro, preferendo godere dell’indennità di disoccupazione. Il modello di Magonza prevede invece un contributo, per un massimo di 36 mesi, sotto forma di sovvenzione, variabile in merito al reddito lordo.

I rischi dei “salari combinati”. In merito alla proposta di estendere a tutto il Paese il “modello di Magonza” è intervenuta la Caritas tedesca, che rileva luci e ombre. Secondo la Caritas, elemento positivo è, da parte dello Stato, sostenere il costo “dell’intera aliquota contributiva della previdenza sociale che, nel segmento dei salari bassi, costituisce di fatto un ostacolo decisivo per l’inserimento dei lavoratori”. Ben accolta anche “la sovvenzione dei tributi per la previdenza sociale dei lavoratori e delle lavoratrici” considerata “uno strumento utile per migliorare lo stimolo all’occupazione dei disoccupati di lungo periodo e di chi beneficia di sussidi sociali”. D’altra parte, analogamente ad altri “modelli salariali combinati”, anche per quello di Magonza non viene detto con chiarezza, osserva la Caritas tedesca, che “nella migliore delle ipotesi porterà alla creazione dai 15.000 ai 30.000 posti di lavoro” ma, come fa rilevare l’organismo cattolico, quello che importa maggiormente sono altri argomenti, che giocano a sfavore o perlomeno tendono a limitarne l’impatto positivo. Anzitutto vi è una “chiara concorrenza con altri strumenti di politica del mercato del lavoro che prevedono ugualmente salari combinati”. In secondo luogo, rileva ancora la Caritas, “l’effetto sul reddito e sull’occupazione verrà ridotto in quanto il reddito da lavoro ricadrà in gran parte sull’assistenza sociale”. Infine, “la limitazione temporale della sovvenzione annullerà nel lungo periodo i miglioramenti del reddito e gli effetti dei posti di lavoro”.

Chi pensa alle fasce deboli? Altre debolezze di questo, come di altri modelli di salario combinati, per la Caritas tedesca sono da ravvisare nello scarso sostegno dato alle fasce socialmente più deboli. Si tratta infatti di modelli “adatti soprattutto per individui vicini al mercato del lavoro, quali le donne nel periodo di congedo per motivi familiari o quei disoccupati che possono far valere comunque un periodo di tirocinio o una qualificazione professionale”. Più problematica si presenta invece l’applicazione “ai disoccupati da lungo tempo che presentano ostacoli concreti al collocamento lavorativo, quali l’età, danni di salute, malattie psichiche”. Per queste persone sarebbe necessaria una sorta di consulenza personalizzata e non l’inserimento in un modello generico, una vera e propria “trasformazione quantitativa e qualitativa della consulenza, del collocamento e dell’accompagnamento al lavoro nel senso puntuale di aiuto e sostegno caso per caso”. Effetti rilevanti per questi posti di lavoro deboli potranno esserci, conclude la Caritas, “soltanto quando tutto il carico sarà ridotto oltre il limite minimo degli attuali 325 euro. E’ per questo che sono auspicabili proposte per un’elaborazione graduata dei contributi della previdenza sociale per le fasce con basso salario”.
Patrizia Collesi