“La morte è diventata un tabù: abbiamo paura di essa, abbiamo paura della sofferenza, ci sentiamo soli. E la società non ci aiuta a superare questi timori perché cerca solo di nascondere la morte. Si cerca di vivere come se questa non esistesse. Prima, nella nostra regione ad esempio, si moriva soprattutto in famiglia. Ora la famiglia non si sente più in grado di assistere il morente e chiede aiuto all’esterno”. E’ la testimonianza di suor Marlyse Cantin, della congregazione delle Sorelle della Santa Croce di Ingenbohl, nel cantone svizzero di Friburgo. Suor Marlyse presta servizio per l’associazione “Fino alla morte , accompagnare la vita” che offre assistenza ai malati terminali e alle loro famiglie. Infermiera professionale, suor Marlyse è stata la prima a svolgere questo genere di volontariato nel cantone di Friburgo, nel 1987. Dal 1992 ha la responsabilità della formazione dei volontari che prestano assistenza ai malati terminali. “Possiamo contare su un centinaio di volontari spiega -. Accogliamo tutti quelli che si sentono chiamati a prestare questo genere di servizio ma li prepariamo con degli appositi corsi di formazione”. Per svolgere questo servizio, afferma la suor Marlyse, “bisogna avere una grande capacità di ascolto e di empatia. Bisogna essere pronti ad offrire una presenza affettuosa a chiunque la chieda. Bisogna essere rispettosi del cammino dell’altro e aver compiuto una proprio cammino di crescita spirituale, di conoscenza di se stessi. In una parola, bisogna coltivare un grande amore per i propri fratelli”. I volontari dell’associazione, prosegue la suora, “accompagnano gli ammalati in fin di vita nelle cliniche e negli ospedali della regione. Recentemente siamo stati anche chiamati presso un’unità di terapia intensiva. I nostri volontari arrivano dove la medicina non può arrivare, alleviano le sofferenze che non sono alla portata di nessuna terapia”.