spagna" "
” “La "cattolica" Spagna si scopre assai meno religiosa. "Dobbiamo ” “tornare alle origini ” “della fede apostolica", raccomanda ” “l’arcivescovo di Navarra” “” “
L’82% degli spagnoli si dichiara cattolico, anche se solo il 19% va a messa la domenica. Questi sono alcuni dei dati emersi nei giorni scorsi dalla relazione annuale del Centro di indagini sociologiche. La società spagnola si definisce in maggioranza (55%) poco o per nulla religiosa. Intanto la Conferenza episcopale spagnola sta per presentare il Programma pastorale per il triennio 2002-2005. Abbiamo chiesto di fare il punto della situazione a mons. Fernando Sebastián , arcivescovo di Navarra, autore di diversi studi teologici sulla secolarizzazione e sulle relazioni tra Chiesa e società.
Questi dati riflettono l’atteggiamento reale degli spagnoli rispetto alla fede cattolica?
“Credo di sì, per lo meno in generale. Ma non è così ovunque. Nella mia diocesi e in altri posti della Spagna, la partecipazione dei fedeli supera il 30%. E poi la situazione cambia in rapporto alle diverse età. Tra i 18 ed i 30 anni, e tra i 30 ed i 50 le cifre scendono in maniera inesorabile. Ma è certo che dal 1970 in Spagna stiamo vivendo una crisi culturale che travolge le convinzioni religiose e modifica il modo di capire e vivere la fede di molti cristiani. È un fatto comune a tutti i Paesi occidentali e non è una fase di crisi ma di purificazione”.
Nel Programma pastorale per il prossimo triennio la Chiesa spagnola si propone di essere una “Chiesa che spera”. Ci sono motivi validi per guardare la realtà sotto questa ottica?
“Dobbiamo considerare la situazione con realismo, umiltà, responsabilità, speranza e fiducia. Realismo perché dobbiamo cominciare ad accettare le cose così come sono. Ostinarsi ad occultare la verità sulla nostra situazione sarebbe superbia, paura, infedeltà. Con umiltà perché eravamo abituati ad una situazione più favorevole e adesso dobbiamo riconoscere le nostre debolezze e i nostri errori. Con responsabilità perché non possiamo rassegnarci. Vogliamo mobilitare i cristiani spagnoli e portarli verso un’epoca di rinnovamento e di missione evangelizzatrice. Con fiducia perché sappiamo che il Signore è con noi e il suo Vangelo continua ad essere forza di Dio per la salvezza di chi crede in Lui”.
Si può dire che nel rapporto tra Chiesa spagnola e società ci sia una mancanza di sintonia?
“Può essere pericoloso questo desiderio di essere in sintonia totale con il mondo. Certo, la Chiesa deve far sue le sofferenze e le speranze del mondo, ma non dobbiamo sottometterci all’interpretazione della storia dall’esterno della Chiesa, né ai desideri o ai rimedi che ci propongono dal mondo. Una Chiesa missionaria deve essere una Chiesa fedele, una Chiesa libera e profetica, non sottomessa agli imperativi né al totalitarismo della cultura vigente. Dobbiamo avere il coraggio di discutere molti postulati falsi in vigore nel nostro mondo ed offrire una vera alternativa integrale di vita basata sugli insegnamenti di Gesù”.
La Chiesa spagnola ha deciso di “prendere il largo”. Qual è la principale sfida di questa percorso?
“La sfida fondamentale è ritornare alle origini, all’autenticità ed alla vitalità della fede apostolica. Le altre sfide partono da questa: essere in grado di evangelizzare le nuove generazioni con una testimonianza che presenta lo splendore e la bellezza di una vita cristiana sincera, basata sulla bontà personale, sulla fedeltà delle famiglie, sull’amore dei fratelli, sulla giustizia e sulla magnanimità come criteri di comportamento sociale, economico, politico. Camminando davanti a tutti nel gran progetto di riconciliazione tra i Paesi e verso la fraternità universale, il rispetto, la giustizia e la speranza”.