debito estero
” “” “La crisi argentina ha riproposto il problema del debito estero dei Paesi meno sviluppati. La Caritas spagnola chiede all’Unione ” “europea un ” “"cambiamento ” “di prospettiva"
L’Unione europea si impegni di più per la remissione del debito estero e modifichi alcuni criteri che ne sono alla base. E’ la proposta del Coordinamento delle Ong spagnole per lo sviluppo, che suggerisce al governo spagnolo di assumere all’interno dell’Unione europea una posizione più chiara in proposito, da proporre al Vertice sul finanziamento per lo sviluppo che si svolgerà a Monterrey (Messico) dal 18 al 23 di marzo. Le ong, tra cui Caritas Spagna, chiedono all’Unione impegni concreti sul controllo degli organismi finanziari internazionali e sull’incremento dell’aiuto ufficiale allo sviluppo. Abbiamo rivolto alcune domande all’economista Jaime Atienza , delegato del dipartimento per l’immigrazione di Caritas Spagna, tra gli ideatori delle proposte.
Come giudica la posizione dell’Ue sul tema del debito estero?
“L’Ue ha lasciato passare troppo tempo. Due anni fa, in occasione del Giubileo del 2000 e la campagna per il condono del debito estero, la risposta dell’Unione era di condonare il debito dei Paesi piccoli con debiti irrilevanti. È un modo per far credere di preoccuparsi del tema, ma anche per occultare il vero problema. Infatti la crisi argentina ha dimostrato che questa posizione è inefficace, l’impossibilità a far fronte al debito evidenzia un’altra volta che lo sviluppo dei Paesi del Sud coinvolge e favorisce il benessere delle economie sviluppate”.
Questo vuol dire che il debito estero ha ripercussioni negative anche nel primo mondo…
“Sì, l’11 settembre ha chiarito che l’interdipendenza e la globalizzazione generano contesti imprevedibili. Non è corretto il discorso che collega la povertà ed il terrorismo, ma non si può negare che la situazione economica mondiale produce rifiuto e malessere nei Paesi poveri. I Paesi ricchi devono avere la consapevolezza di dover fare di più, di rendersi conto dei problemi dei Paesi poveri, che cominciano ad estendersi anche in Occidente. L’immigrazione, ad esempio, è l’altra faccia del debito estero. Non basta elaborare normative o leggi che regolano il fenomeno. È necessario scommettere sull’integrazione, analizzare i problemi nella loro complessità, cercare di prevenirli e di trovare soluzioni attraverso la collaborazione di tutte le istanze sociali, prima che possano generare conflitti”.
La Caritas Spagna e le altre ong hanno proposto di rivedere i criteri di pagamento del debito estero. Perché?
“Finora il criterio è che dal denaro proveniente dalle esportazioni i creditori sottraggono il debito contratto a loro favore. Ma nascono dei problemi: i Paesi che devono pagare così tanto rimangono senza risorse proprie, le fluttuazioni nel mercato delle materie prime sono in continuo ribasso… Tutto ciò rende impossibile sia soddisfare il debito sia lo sviluppo di questi Paesi. Noi proponiamo il criterio opposto: sostenere il pagamento del debito estero sulla base di quanto raggiunto prima nei Paesi debitori, ossia la soglia minima di sviluppo umano. Investire prima il frutto delle esportazioni in educazione, sanità, sviluppo… poi il denaro eccedente per pagare il debito estero. In fondo è un cambiamento di prospettiva, basato sulla dignità della persona e sul diritto dei Paesi allo sviluppo. Sulla base di questo criterio si può decidere se rimandare, rinegoziare o cancellare il debito estero”.
Avete anche proposto di creare un organo di arbitraggio del debito estero, indipendente dal Club di Parigi. Per quali ragioni?
“Il circolo di creditori di Parigi decide se rinegoziare o meno il debito estero. Proponiamo un’istanza indipendente e neutrale che possa fare da arbitro tra creditori e debitori, come qualsiasi cittadino o gruppo umano ha il diritto a ricorrere ad un’istanza neutrale per risolvere i conflitti, ad esempio nell’ambito della giustizia. Inoltre vi sono stati casi di pagamenti di debiti non incassati, corruzione, ecc. In questo modo c’è più trasparenza e si possono usare criteri reali”.