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Una "piccola giustizia"” “

” “"Nessun processo potrà mai far ritornare in vita i morti. Il ” “processo a Milosevic è quindi un piccolo gesto che sancisce una ” “piccola giustizia", ” “commenta il card. Puljic


In Bosnia-Erzegovina, dall’inizio della guerra fino al 1° gennaio 1995, sono state uccise (o risultano disperse) 278 mila persone: una media di 204 persone al giorno. Sono state espulse in vari modi, fuori dal Paese, oltre un milione di persone, vale a dire il 28,4% degli abitanti. C’è Slobodan Milosevic al banco degli imputanti al Tribunale Onu dell’Aja. A suo carico 40 imputazioni per crimini di guerra, 21 per crimini contro l’umanità e due per genocidio. Reati commessi tra il 1991 e il 1999 in Croazia, Bosnia-Erzegovina e Kosovo. Abbiamo raggiunto telefonicamente il card. Vinko Puljic , arcivescovo di Sarajevo. Durante la guerra oltre alla persecuzione di coloro che non erano serbi, sono stati distrutti anche tutti i loro simboli religiosi: chiese, cappelle, croci, moschee, cimiteri. La Chiesa cattolica ha sofferto moltissimo. Sono state rase al suolo e minate chiese, uccisi e sottoposti a torture sacerdoti e religiosi.

Come sta vivendo Sarajevo il processo a Milosevic?
“E’ vissuto con soddisfazione per il male compiuto dalla guerra. Ma sono in tanti a pensare che non è solo Milosevic il responsabile di quanto è accaduto. In molti sono convinti che ci sia anche la responsabilità di altri capi della comunità internazionale”.
Che effetto le fa vedere Milosevic sul banco degli imputati?
“Milosevic sembra non aver cambiato mentalità. E’ sempre lo stesso Milosevic che abbiamo conosciuto prima e durante la guerra. E’ il Milosevic che segue la sua strada, parla come vuole, ignora le responsabilità. Questo processo è comunque molto importante perché senza sanzione non esiste diritto. Quando si proclamano i diritti umani e le libertà democratiche bisogna anche prevedere le sanzioni. Il Tribunale dell’Aja ha certo delle mancanze ma rappresenta comunque una strada per far crescere la comunità internazionale nella vera giustizia. Come dice il Papa, è impossibile costruire la pace senza la giustizia”.
Il Papa dice anche che non c’è pace senza perdono?
“Perdono e giustizia camminano insieme. Il perdono è la strada per riconciliare gli uomini tra loro ma le società hanno bisogno di giustizia. Certo, i tribunali devono rispettare sempre l’uomo, nella sua dignità”.
Vedere Milosevic sul banco degli imputati aiuta Sarajevo a riconciliarsi con la sua storia?
“Sì, è sicuramente un passo ma oggi in tanti sono preoccupati della loro sopravvivenza. A Sarajevo si è preoccupati del lavoro, del futuro, si è ancora impegnati nella ricostruzione delle case. Il processo a Milosevic è solo un passo”.
Che cosa ci si attende ora?
“Ci si attende innanzitutto che siano processati tutti i primi responsabili e che si faccia lo stesso anche in ogni paese. Secondo: senza lavoro, senza scuola, senza infrastrutture è impossibile creare una speranza per il futuro. La speranza viene sicuramente dalla fede e dalla fiducia in Dio. Ma tanti non hanno fede e tutti chiedono ragioni per cui sperare. Dobbiamo dare loro una risposta”.
Quale messaggio da Sarajevo?
“Nessun processo potrà mai far ritornare in vita i morti. Il processo a Milosevic è quindi un piccolo gesto che sancisce una piccola giustizia. Non è possibile pagare per una vita persa, anzi per migliaia di vite perse. E allora la comunità internazionale si deve dar da fare per creare le basi di una giustizia a partire dalla relazione tra uomo e uomo, tra popolo e popolo, tra nazione e nazione. Anche se – ripeto – è impossibile pagare con questo processo il prezzo di tanti e tanti che sono morti. Bisogna avere forza, accettare la tragedia, accendere luce nuova per il futuro. E’ impossibile vivere guardando al passato. Bisogna accettare la situazione. Sarajevo deve ora guardare avanti”.
M.C.B.