bosnia e croazia" "
” “Mons. Sudar (Sarajevo): "Senza l’insegnamento dei valori religiosi ” “difficilmente i Balcani ritroveranno la strada della riconciliazione e della convivenza"” “” “
La pastorale dei croati all’estero e la catechesi. Sono le due principali questioni su cui i vescovi della Croazia e della Bosnia-Erzegovina si sono confrontati mercoledì 6 marzo a Sarajevo nel corso di una Assemblea comune. L’incontro al quale hanno partecipato oltre venti vescovi, si è concluso nel pomeriggio con una messa celebrata nella cattedrale di Sarajevo. E’ la terza volta che i vescovi dei due paesi si incontrano per discutere di questioni comuni. “Apparteniamo allo stesso popolo e alla stessa lingua spiega al Sir mons. Pero Sudar, vescovo ausiliare di Sarajevo è ovvio che abbiamo campi pastorali comuni”. Al centro delle discussioni l’insegnamento della religione nelle scuole e in particolare la questione dei libri di testo. I due Stati hanno, in merito, leggi diverse. In Croazia, l’insegnamento della religione – una volta scelto dai genitori all’inizio dell’anno – è obbligatorio mentre in Bosnia ed Erzegovina la questione è a totale discrezione delle comunità religiose nel senso che “l’insegnamento della religione è libero spiega mons. Sudar – e chi vuole può mettersi d’accordo con l’insegnante. La scuola si limita a mettere semplicemente a disposizione un’aula”. Una disposizione presa dallo Stato dopo la caduta del comunismo e prima dell’inizio della guerra e che la Chiesa cattolica ha sempre contestato, chiedendo che “la questione sia regolata da una legge”.
“Senza l’insegnamento dei valori religiosi dice mons. Sudar siamo convinti che la società, specialmente se distrutta moralmente dalla guerra, difficilmente troverà una via d’uscita e potrà ricostruirsi sulla strada della riconciliazione e della convivenza” per “aprirsi ad un futuro diverso da quello che abbiamo avuto nel passato”. La presenza nel Paese di popoli che appartengono ad altre confessioni cristiane e religioni “non è un ostacolo”. Lo dimostra l’esperienza messa in atto dalle scuole cattoliche che la Chiesa ha creato fin dai tempi della guerra, puntando da subito alla multiculturalità dell’insegnamento. Pur definendosi cattoliche, in queste scuole infatti “funziona molto bene l’insegnamento della religione islamica. Penso dice mons. Sudar – che nelle scuole si possa educare al rispetto dell’altro in tutto ciò che è. Se pensiamo invece di evitare le differenze per garantire una comprensione migliore, si genera un imbroglio che ci è già costato molto”.
Secondo alcuni dati presentati a Roma nel corso di una conferenza internazionale organizzata dall’Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni), i Balcani risultano essere un’area a rischio per la diffusione del virus Hiv. “Bisogna considerare è il commento di mons. Sudar – che durante il comunismo, la Bosnia Erzegovina, come molti altri Stati del blocco comunista, era in qualche modo protetta dai mali della società moderna. Adesso con l’apertura al mondo occidentale, la presenza delle forze multinazionali e delle compagnie estere, il nostro piccolo Paese si è aperto a realtà che ci hanno colto impreparati. Se si confrontano quindi le percentuali dei tossicodipendenti o malati di Aids con quelli di dieci anni fa, è ovvio che si registra un aumento. Ma non direi però che sono percentuali che superano quelle delle città europee. I giovani di Sarajevo sono sani, forti ma hanno bisogno di crescere con grandi valori”.
La diffusione dell’Aids nei Balcani
Traffico di sostanze stupefacenti, tratta di esseri umani e presenza di contingenti internazionali. Sono tra le cause che determino nei Balcani la diffusione dell’Aids tra la popolazione. Secondo dati diffusi a Roma durante un convegno risulta infatti che, su un campione di 640 tossicodipendenti dei diversi Paesi balcanici, circa la metà scambia le siringhe e il 71% di questi ha comportamenti sessuali a rischio. Nella sola Serbia il 61% dei malati di Aids ha preso il virus usando siringhe infette. Per iniziativa dell’ Organizzazione internazionale per le migrazioni, saranno avviate azioni di prevenzione e sostegno ai piani sanitari nazionali, in Slovenia, Croazia¸ Bosnia, Federazione jugoslava, Macedonia, Albania, Romania, Bulgaria.
M.C.B.