” “Quotidiani e periodici ” “


Ancora Medio Oriente sui quotidiani internazionali, mentre l’ondata di violenze e morti sembra non arrestarsi mai. James Bennet, sull’ Herald Tribune (13/3), parte dal confronto tra la prima e la seconda “Intifada” per delineare il crescente stato di difficoltà in cui si trova Sharon. Se nei 17 mesi della prima Intifada il rapporto tra i morti israeliani e quelli palestinesi era di 1 a 25, osserva l’autore dell’articolo, nei 17 mesi della seconda è salito a 1 a 3: “Il pedaggio dei morti, da entrambe le parti, sta facendo tremende pressioni sul primo ministro israeliano Ariel Sharon. In parole povere, gli israeliani sono demoralizzati, la loro fiducia nel primo ministro è erosa”. Anche i giornali spagnoli riflettono sul conflitto tra Israele e Palestina. La Vanguardia del 10/3 titola “ Fermare il massacro” e ritiene che “ il conflitto tra israeliani e palestinesi non possa risolversi all’interno per mezzo di negoziati ma serve un intervento esterno” e “ se la comunità internazionale è stata capace di ottenere una pace fragile, ma stabile, nei Balcani, bisogna riuscirci anche in Palestina“. Secondo ABC del 12/3 è “ la guerra del ‘o tutto o niente”” perché “ entrambe le parti non hanno la volontà politica di porre fine al terrore quotidiano“. Per questo ci si chiede “ chi vede la luce alla fine del tunnel?” Su El Pais del 12/3 José Vidal pensa “ che la soluzione a questo confronto può venire solo dalle grandi potenze cioè Stati Uniti, Unione europea e Paesi arabi“. Anche secondo El Mundo dell’11/3 “ è necessario accelerare la formazione di un Stato palestinese riconosciuto dalla comunità internazionale. Così si potranno separare i contendenti e, se necessario, dispiegare le forze di pace“. Sullo stesso giornale, il 9/3, Gustavo di Arsitegui riconosce che l’Occidente “ ha un debito storico con la Palestina che deve accedere all’indipendenza creando un Stato vitale, credibile, stabile, democratico e trasparente”.

“Mister Bush e la bomba”. Si intitola così un corsivo pubblicato da Le Monde (13/3) che a sei mesi dall’attentato alle Torri Gemelle si interroga sull’eventualità – emersa da un documento del Pentagono, prima segreto e ora reso pubblico dalle rivelazioni di alcuni giornali americani – di un uso delle armi nucleari nella lotta al terrorismo. Per Le Monde, il documento del Pentagono “è di uno Stato preso dal panico non di una potenza cosciente delle sue responsabilità. Fa paura”. Il quotidiano francese illustra in questi termini i contenuti del testo americano: “Consiglia al presidente di ordinare lo sviluppo delle nuove armi nucleari; sostiene che gli Stati Uniti debbano essere pronti ad utilizzare mini-bombe atomiche”. Iraq, Iran, Siria, Libia, Corea del Nord, Cina, Russia: questi, si legge nell’editoriale, i possibili obiettivi della potenza distruttiva dei nuovi armamenti, il cui uso costituirebbe “un rovesciamento completo della dottrina nucleare americana”, che vuole che gli Stati Uniti “non facciano appello al fuoco nucleare in prima battuta e, in ogni caso, mai contro Stati non nuclearizzati firmatari del trattato di non-proliferazione”. Il nuovo documento, dunque “demolisce radicalmente il principio di non-proliferazione atomica” e “normalizza l’idea dell’utilizzazione di un’arma concepita prima di tutto per essere dissuasiva”.

Una cesura nella storia della Chiesa cattolica, Roma ha parlato, continua la battaglia culturale” titola criticamente Daniel Deckers sul quotidiano Frankfurter Allgemeine Zeitung il 9/3, il giorno dopo la comunicazione papale di sospendere l’emissione dei certificati per l’aborto da parte del vescovo di Limburg, Franz Kamphaus. I rapporti tra la Chiesa di Roma e i vescovi tedeschi vengono ripercorsi a partire dalla esternazioni di Otto Bismarck subito dopo il Concilio Vaticano I per arrivare fino al lungo confronto relativo alle questioni dell’aborto, conclusosi nell’autunno del 1999. “L’uscita della diocesi di Limburg dalla questione dei consultori – commenta Deckers – è questione conclusa. Rimane da trovare soltanto il modo per poter accordare entrambe le parti“.