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I vescovi austriaci, riuniti in assemblea, fanno il punto sulla ” “situazione della Chiesa austriaca. Un’indagine sociologica offre una lettura inedita” “
E’ iniziata il 19, e si conclude oggi, 21 marzo a Voralberg, città vicino al confine con il Liechtenstein, l’assemblea plenaria dei vescovi austriaci, sotto la presidenza del card. Christopher Schönborn. Numerosi i temi nell’agenda dei vescovi: le questioni legate all’integrazione europea, in particolare le sfide poste dalla riunificazione dell’Europa, l’insegnamento della religione, il 2002 ‘anno delle vocazioni’, per concludere con i risultati delle votazioni per il rinnovo dei consigli parrocchiali di domenica 17 marzo, la riforma dell’università, l’ecumenismo e “l’alleanza per la domenica non lavorativa”. Venerdì 22 a Vienna verranno rese note le conclusioni. A disposizione dei vescovi uno studio condotto da Paul Zulehner , decano dell’istituto di teologia pastorale dell’Università di Vienna, che ha monitorato trent’anni di vita religiosa austriaca in una lunga e accurata ricostruzione. Ne proponiamo una sintesi.
Gli austriaci e la fede: sono sempre più numerosi coloro che potrebbero essere definiti ‘compositori religiosi’, persone la cui fede è formata da tasselli variegati. “Posizioni cristiane che si alternano a modelli di pensiero che vengono dall’Estremo Oriente ma anche da una concezione umanistica o naturale dell’esistenza”, si legge nella ricerca di Paul Zulehner. Secondo questo studio i fedeli del paese danubiano sono da suddividere in alcune categorie: ai “compositori religiosi” si affiancano “coloro la cui fede è un puro rumore” (30% degli intervistati) ed altri che “ambiscono a realizzare sinfonie o musiche sperimentali”.
Una religiosità visibile. Un altro dato che si impone all’osservazione è che “la religione non viene più definita come questione privata”. Sorprende nella ricerca la dichiarazione di molti austriaci per i quali “una dimensione religiosa nella propria visione del mondo deve avere delle conseguenze visibili”. “Segnali precisi osserva Zulehner – indicano che si sta verificando un’intelligente ‘reistituzionalizzazione’ della fede, ad esempio nella costruzione di nuove reti e reciproche disponibilità tra coloro che sono interessati alle cose religiose”. Scompare anche, per il coordinatore della ricerca, un approccio “egoistico ad una fede vissuta solo per se stessi o perché fa star bene”. Questi nuovi fattori, se da un lato “sottolineano la falsità delle previsioni che vedevano una progressiva scomparsa della fede nell’Occidente secolarizzato”, chiamano d’altra parte le Chiese ad uno sforzo ulteriore della pastorale.
Una comunità variegata. Dall’inchiesta emerge anche che la comunità dei credenti in Austria “è molto più differenziata di quanto comunemente si creda”. Il 56% degli intervistati si dichiara come “formalmente appartenente ad una Chiesa”. Il 42% di essi viene definito “cristiano-sociale”, cioè persona “che si aspetta dalla Chiesa un deciso impegno nella vita pubblica e civile del proprio paese”. Solo il 12%, i cosiddetti “ritualisti”, “apprezza molto” secondo Zulehner “il dato carismatico e le componenti della vita liturgica all’interno della chiesa, ma ne rifiuta l’opzione per l’impegno sociale”. Un ulteriore 30% per cento si considera “cristiano assiduo” e cioè “ben inserito all’interno della vita comunitaria”.
In primo piano le emozioni. Per Regina Polak, assistente di Paul Zulehner all’Università di Vienna e collaboratrice dell’inchiesta, in questi ultimi trent’anni, è cambiato l’atteggiamento verso la religione in Austria: “E’ divenuto sicuramente più pratico: quella che si trova in primo piano oggi è la dimensione emozionale. Le visioni del mondo si sono fortemente diversificate e, soprattutto nelle grandi città, si assiste ad un nuovo desiderio di spiritualità”.
P.Co.