lavoro
” “I giovani di fronte alle nuove sfide del mondo ” “del lavoro. Con questo tema proseguiamo ” “il "cammino" di ” “preparazione al Simposio dei vescovi europei, in programma ” “dal 24 al 28 aprile ” “a Roma ” “
“Giovani d’Europa nel cambiamento. Laboratori della fede”, questo il tema scelto dai vescovi europei per il decimo Simposio in programma a Roma dal 24 al 28 aprile prossimo. Abbiamo già approfondito alcuni aspetti dell’impegno dei giovani nella Chiesa e nella società e delle sfide che lo accompagnano su SirEuropa n.11/2002 e n.13/2002. Ora proseguiamo questo cammino di riflessione in preparazione al Simposio dei vescovi europei soffermandoci sui giovani di fronte al mondo del lavoro che cambia. Flessibilità è, infatti, la parola che oggi caratterizza l’occupazione giovanile nel nostro continente. Ma negli ultimi anni c’è un fenomeno nuovo: il flusso migratorio sempre più intenso di giovani che dall’Est arrivano nei Paesi più sviluppati del continente con il sogno di trovare un lavoro meglio ancora se stagionale – e mandare i soldi a casa. Ne parliamo con Silvie Pierre , francese e coordinatrice della sezione Europa del Cijoc, il coordinamento internazionale della Gioc (Gioventù operaia cristiana).
Che cosa chiedono i giovani?
“Al di là delle diverse aspirazioni, molti rispondono che vogliono avere dei soldi, una casa, una famiglia ed un lavoro che possa permettere loro tutto questo. Bisogna aiutarli ad andare più in profondità, facendo capire che l’aspirazione ad avere un lavoro rimanda al senso stesso della vita”.
Che cosa significa?
“Faccio un esempio. Quando parliamo con ragazzi che lavorano con contratti a termine, ci dicono spesso che accettano la precarietà perché avere un’occupazione, anche se temporanea, è sempre meglio di non averne nessuna. Ma quando si riesce ad andare più in profondità, i giovani capiscono che i lavori temporanei, soprattutto se non protetti, non danno la possibilità di raggiungere quella indipendenza necessaria per avere una famiglia propria ed essere autonomi da quella di origine. Dare un contenuto al lavoro significa capire che cosa voglio nella vita, quali condizioni sono pronto ad accettare e quindi, quale dignità e sicurezza posso pretendere. Il rischio è che in mancanza di lavoro i giovani sono pronti ad accettare qualsiasi condizione per paura di cadere nella disoccupazione. Si arriva addirittura a non riconoscere la pressione psicologica a cui si è soggetti a causa dei conflitti tra colleghi o della contrapposizione con i superiori. Pensano che tutto questo sia normale…”.
Come intervenite in questi casi?
“Facciamo insieme un percorso, partendo dalla loro realtà. Si tratta anzitutto di capire come vivere meglio il lavoro, a partire da alcuni interrogativi: mi serve? Quale peso ha nella mia vita? Mi fa crescere? Mi fa diventare più uomo, più donna? Cerchiamo di far capire che il lavoro non è solo uno strumento per vivere ma un’esperienza di vita. Non è un discorso legato esclusivamente alla remunerazione, ma al disegno originario dell’essere umano”.
Cosa chiedete all’Unione europea?
“E’ un discorso molto legato alle situazioni dei singoli paesi. In linea generale notiamo che in Europa il mondo politico parla molto del miglioramento delle condizioni lavorative dei giovani ma non affronta adeguatamente il problema della flessibilità e della temporaneità. Problema che invece caratterizza moltissimo il lavoro delle nuove generazioni. E’ un fenomeno reale che si sviluppa molto al Sud e all’Est dell’Europa ma su questo fronte non è stato fatto abbastanza. Il nostro compito è proprio quello di portare alla luce le istanze e le aspirazioni dei giovani che sono quelle di avere un lavoro rispettabile e continuativo ma soprattutto un lavoro che permetta loro di condurre una vita dignitosa, avere una famiglia, una casa, il minimo per vivere… Alle istituzioni chiediamo quale futuro stanno costruendo perché i giovani possano avere la certezza di costruirsi un progetto di vita”.
Maria Chiara Biagioni