La questione mediorientale continua a monopolizzare l’attenzione dei principali quotidiani europei. “Il diritto di sapere”: si intitola così l’editoriale di Le Monde (16/4), in cui a proposito del massacro di Jenin, e delle discordanti versioni dell’accaduto fornite dalle due parti in conflitto, si osserva: “Questa battaglia di comunicazione, questa contabilità dell’orrore, non avrebbe ragion d’essere se le operazioni non si svolgessero in un circolo chiuso che, generalmente, non lascia presagire niente di buono (…). Non c’è che un solo mezzo di sapere, e, per Israele, di provare la sua buona fede: permettere a testimoni imparziali di rendersi conto sul posto, di contare i morti per porre fine a qualunque polemica, di descrivere l’ampiezza delle distruzioni e, soprattutto, di venire in aiuto delle popolazioni civili in stato di choc e private di tutto. In caso contrario, a chi credere? Qualsiasi esitazione non potrebbe che essere interpretata come una volontà di nascondere una realtà che non è bella da vedere”. Di “stato d’urgenza” parla, invece, Jean Luc Macia su La Croix (15/4), secondo il quale oggi, per il Medio Oriente, oltre che all’urgenza della pace bisogna pensare all’ urgenza “umanitaria” : “Ci sono delle zone che l’esercito israeliano ha occupato, in gran parte distrutte, morti da seppellire, feriti da curare, una popolazione di civili da nutrire, un’economia da salvare (…). Gli israeliani dovrebbero comprendere che non potrebbero vincere e assicurarsi la loro tranquillità futura con il terrore. Hanno la forza dalla loro parte, ma sempre di meno il diritto”. “Sono i rappresentanti delle Chiese cristiane”, fa notare il Catholic Herald, che “ parlano con più forza in favore della pace in Terra Santa. Ed è la voce della Chiesa cattolica che è la più alta e la più insistente di tutte (…). Il futuro sta morendo, ed è, quindi, urgente che i cristiani testimonino l’insegnamento che dalla morte può rinascere una nuova vita. E’ troppo tardi per perdere tempo a condannare. Non dobbiamo spingere una parte contro l’altra, ma incoraggiare entrambi i fronti a lavorare insieme per la pace”.
I quotidiani tedeschi di questa settimana danno ampio spazio al 75esimo compleanno del card. Joseph Ratzinger, prefetto della Congregazione per la Dottrina della fede. Una scadenza che solitamente “ prelude alla pensione spiega la Frankfurter Allgemeine Zeitung del 16/4 ma non nel caso del cardinale bavarese“. “ Mentre molti hanno visto in lui una specie di riedizione del Grande Inquisitore, ed altri ne hanno esaltato l’intelligenza fredda, di rigore quasi matematico, il Papa è invece molto soddisfatto del suo lavoro“. Secondo Hans Joachim Fischer Ratzinger è il prefetto che per Giovanni Paolo II ha sempre saputo “ preservare l’identità cattolica, proiettandola nel futuro“.
Più di colore il contributo della Sueddetusche Zeitung del 15/4 che si sofferma sulle cifre di “400 bavaresi che in abiti tipici scenderanno a Roma come un piccolo esercito per tributare tutti gli onori al loro corregionale”. “L’appuntamento spiega Christiane Kohl è previsto per sabato 20 aprile dopo l’Udienza che il Papa darà alle 10,45 nella Sala Clementina ed una messa che verrà presieduta da Ratzinger nella chiesa di Santa Maria in Trastevere“.
Il settimanale Spiegel del 15/4 punta la sua attenzione sul tema dell’antisemitismo con un’intervista all’ambasciatore di Israele in Germania, Schimon Stein, secondo il quale “ è palpabile in Germania una grossa carenza di informazione sulle cause e sull’andamento del conflitto in Medio Oriente. I media non forniscono sostiene Stein un quadro completo della situazione“.