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Secondo l’Istituto di ricerca sui giovani (ÖIJ) il contesto ecclesiale non è, nella grande maggioranza dei casi, l’ambito del primo approccio dei giovani con la fede, anche se il 45% dei giovani parla di sé come religioso; sono perciò necessarie “nuove forme di liturgia” che piacciano e che “trasmettano il quadro positivo di una Chiesa a misura di ragazzi”; buono in tal senso l’effetto delle Gmg e dei nuovi movimenti ecclesiali, che hanno favorito il riavvicinarsi alle celebrazioni liturgiche.
La percezione di una “Chiesa polverosa” invece allontana i giovani. “La ricchezza di offerte religiose (Messe per i giovani, meditazioni) e impegno sociopolitico riescono invece a tenere legati giovani che forse si sarebbero già allontanati dalla Chiesa e da una vita religiosa attiva”. Forte l’influenza sul cammino di fede “delle esperienze personali dell’infanzia: la casa paterna, i contatti in parrocchia e lo spazio che viene riservato ai giovani perché possano sviluppare ed elaborare un proprio percorso di fede” quando, cresciuti, “iniziano a confrontarsi in modo nuovo con i contenuti concreti della fede e si ricordano delle loro esperienze positive dell’adolescenza”; la sfida è allora quella di un’offerta molteplice di rapporti, di guida, di esperienza spirituale e di possibilità di partecipazione sociopolitica, che corrisponde alla molteplicità degli aspetti delle loro giovani personalità. La ricerca di un’immagine positiva del mondo, di senso e di identità, di collegamento della propria religiosità con la Chiesa e con la comunità di tutti i credenti vanno intese nel senso di accompagnare i giovani lungo il loro cammino. A queste si aggiunge “la disponibilità del vescovo al dialogo e all’ascolto negli incontri.”