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Avere a che fare con giovani che “crescono senza avere contatti con la fede cristiana” è una “prova di fede” per la Chiesa belga, sollecitata a “vivere il Vangelo in modo più autentico”. Il fatto che i giovani del Belgio non abbiano “alcuna conoscenza” del Vangelo, non significa, precisano i vescovi, che nutrano una “avversione” verso di esso: ecco perché “è indispensabile che i giovani trovino comunità dove possano crescere in maniera continua e progressiva nello stile di vita cristiano”. Parrocchie “vive”, nuovi movimenti, gruppi specifici per giovani credenti, gruppi biblici, gruppi caritativi o di impegno sociale: queste, secondo i vescovi, le esperienze principali che la Chiesa deve offrire ai giovani, tenendo conto che una “via fondamentale” di evangelizzazione restano la Giornata mondiale della Gioventù, gli incontri di Taizé, i pellegrinaggi…Il “confronto tra il cristianesimo e la modernità” è, inoltre, la “vera sfida per la trasmissione della fede alle nuove generazioni”: in un mondo dominato dall'”autonomia dell’individuo”, in cui “il tempo della giovinezza si prolunga” ed è caratterizzato da mancanza “di punti di riferimento e di valori sicuri”, gli adulti sono chiamati ad offrire ai giovani “una Chiesa accogliente”, dotata di “un’identità forte” ma anche capace di “rispettare i giovani come sono”, permettendo loro di “aprirsi alla presenza di Dio in mezzo alla loro esperienza di vita”. I giovani di oggi – una “minoranza” di “pellegrini” della fede – per i vescovi del Belgio hanno bisogno di “maestri” che “prendano la parola”, di persone che “vivano il Vangelo in una maniera umile ma entusiasta e decisa” e di “comunità concrete, dove la vita cristiana sia tangibile e segnata dalla solidarietà e dall’amicizia”.