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Le parole non bastano” “

I giovani, ” “per Sergio Lanza, hanno bisogno di nuovi "linguaggi della fede" ” “e un nuovo stile ” “di "missione" ” “

Se vuole essere credibile agli occhi di giovani, la Chiesa di oggi deve superare la tentazione del “piccolo gregge” e aprirsi ad una “pastorale di accoglienza”, che focalizzi l’attenzione sulla qualità dei rapporti interpersonali. Ne è convinto mons. Sergio Lanza , docente alla Pontificia Università Lateranense, che traccia alcune “immagini di Chiesa sulle strade d’Europa”.

“Comunità in ricerca”. I giovani, per il relatore, “con il loro mobile cosmopolitismo, decretano la fine delle frontiere come segno del comando e si dichiarano decisamente contro le comunità ghetto che assomigliano più ad orfanatrofi, prigioni o manicomi che a luoghi di libertà”. Di qui la necessità del “superamento di ogni forma di totalitarismo parrocchiale”: la parrocchia, infatti, è “forma tipica, irrinunciabile, ma non esaustiva” dell’evangelizzazione e ha bisogno accanto ad essa di una “rete” di altre “molteplici forme di aggregazione e appartenenza” ecclesiale e territoriale, come i movimenti. Il monito che viene, dunque, dal pianeta giovani è quello a favore di “comunità in ricerca”, in grado di rispondere alla richiesta di una “dilatazione della religiosità” che viene dalle giovani generazioni: “Il fascino dell’esotico, della ‘esperienza’ segnala un bisogno più profondo, che non viene nemmeno sfiorato dalla ripetizione linguistica, simbolica, iconica della pastorale diffusa. Successo, felicità vita riuscita; oggetti del desiderio, temi che suonano così lontani dai toni e dai linguaggi della predicazione. Solo la loro assunzione critica, attraverso l’inculturazione del Vangelo, consente spazi di comunicazione reale. In cerca di fiducia, il giovane cade nelle mani di maghi e di seduttori, o si rivolge a non disinteressati consulenti e consolatori”.

“Comunità adulte”. “Senza una comunità di riferimento, l’uomo smarrisce la propria identità”: ma i giovani, fa notare Lanza, cercano “comunità adulte”, e “la connotazione prevalentemente adolescenziale dei gruppi giovanili parrocchiali è segno di quella piegatura che stringe la nostra pastorale tra infantilismo e senescenza. E’ necessario superare il sequestro delle età, l’incomunicabilità generazionale, che è frutto e copertura della inconsistenza degli adulti. Il giovane cerca figure di riferimento significative. Non possiamo permettere che la sua attesa rimanga delusa”. Una Chiesa “apertissima nel dialogo” e “ferma nella propria identità”: questo l’identikit della Chiesa europea tracciato dal relatore, secondo il quale occorrono “stili rinnovati e convinti di comunione ecclesiale”, visto che “i giovani amano la molteplicità variegata, ma non comprendono i campanilismi”.

“Narrare il futuro”. I giovani, per Lanza, hanno bisogno oggi di nuovi “linguaggi della fede” ma le parole da sole non bastano: bisogna “coniugare autorità e autorevolezza”, attraverso uno stile di “missione” che “non è proselitismo, ma raggiunge l’uomo là dove nasce, studia, lavora, soffre…”. Tutto ciò comporta, precisa però il relatore, una “capacità di ripensamento globale delle coordinate culturali nelle quali la fede è chiamata ad esprimersi e un forte “impegno culturale” dei cristiani sul versante della formazione. Dar vita a “luoghi ecclesiali della politica”, conclude Lanza, significa pensare ad una “presenza più incisiva e qualificata” dei credenti a cominciare dalla catechesi e in particolare dalla catechesi degli adulti, chiamata a “diventare luogo originario e appropriato dove i cattolici si confrontano sulle prospettive che, a partire dai valori fondamentali della fede, si delineano e si articolano per il bene comune”, con una “nuova vitalità di scambio ecclesiale” e con effetti positivi “per la vita concreta della società”.