america latina
In vista del vertice Unione Europea -America Latina, in ” “programma a Madrid il 17 e 18 maggio, ” “le Chiese lanciano ” “un appello ai capi ” “di Stato e di Governo” “” “
Dare priorità alla “dimensione sociale dello sviluppo umano, attraverso la lotta alla povertà e la creazione di posti di lavoro”; combattere “la corruzione pubblica e privata”, incluso il congelamento dei profitti derivanti dal traffico di droga; attuare “effettivi strumenti politici e legali per la protezione dell’ambiente”; rendere le istituzioni capaci di affrontare le sfide della globalizzazione, mediante “la modernizzazione degli Stati, maggiori strutture di integrazione regionale e cooperazione globale” e rafforzando la stabilità democratica attraverso una più attiva partecipazione della società civile. Questi i principali suggerimenti rivolti ai capi di Stato e di governo dell’Unione europea e dell’America Latina che parteciperanno al vertice del 17 e 18 maggio a Madrid, contenuti nel messaggio finale del congresso sociale che si è concluso nei giorni scorsi a El Escorial (Madrid) sul tema “America Latina e Unione europea; insieme per il bene comune universale. Il contributo della Chiesa”, organizzato dalla Conferenza episcopale spagnola, dalla Comece (Commissione degli episcopati dell’Unione europea) e dal Celam (Consiglio episcopale dell’America Latina). Per la prima volta oltre 170 delegati, tra vescovi, politici ed esperti di 38 Paesi di Europa e America Latina, si sono incontrati per offrire ai capi di governo indicazioni e proposte concrete. Ecco cosa è emerso.
Il messaggio finale. Nel messaggio – firmato da mons. Jorge Enrique Jiménez Carvajal, presidente del Celam e da mons. Joseph Homeyer, presidente della Comece – vengono ribadite alcune dichiarazioni di principio: tra l’altro, l’urgenza della lotta contro le frequenti violazioni dei diritti umani in America Latina: “La pressione costruttiva dell’Unione europea è una condizione indispensabile per raggiungere l’obiettivo di una democrazia umanitaria”. Si auspica inoltre che i governanti possano lavorare “per riformare l’attuale architettura internazionale e ottenere un sistema migliore di governo mondiale, con l’esercizio equo della giustizia, dove non ci sia posto per le guerre ma con una opzione preferenziale per i poveri”. “Lottare contro la povertà si legge – è la maniera migliore per evitare insicurezza sociale e violenza”.
E’ anche “imprescindibile”, secondo i convegnisti, “creare una formula che permetta di evitare la fuga di capitali dall’America Latina all’Europa e incrementare invece gli investimenti in senso opposto”. Tra le misure economiche, viene ribadita l’importanza della remissione del debito estero a patto che i Paesi dell’America Latina li investano nelle spese sociali più urgenti. A proposito di immigrazione, come in passato l’America Latina accolse le masse di immigrati europei, oggi si chiede “di aprire le frontiere, legalizzare lo status di migranti e provvedere perché gli irregolari non siano sfruttati a causa della loro precaria situazione”. Tra le altre indicazioni, la richiesta di mettere a disposizione medicine per le popolazioni povere dell’America Latina, di rispettare l’impegno preso dai governi europei di mettere a disposizione dello sviluppo lo 0,7% del Pil, di ridurre il divario tecnologico e informatico tra Nord e Sud. “Come nel recente passato sono state istituite Commissioni per la verità – conclude il messaggio – per aiutare le persone a superare il trauma e le ferite delle guerre e dei regimi autoritari”, oggi “è il momento opportuno per creare Commissioni per la speranza alle quali possano partecipare istituzioni e persone rappresentative dei nostri Paesi. Potrebbero essere un contributo originale e profetico per ristabilire la fiducia nel futuro dell’umanità”.
L’importanza degli scambi tra le Chiese locali. “I crescenti scambi tra le Chiese locali non servono solo per comprendere la dimensione universale della Chiesa ma anche per prendere coscienza della interdipendenza tra i popoli e i continenti”. Queste le parole di saluto che Giovanni Paolo II, in un messaggio a firma del cardinale Angelo Sodano, Segretario di Stato, ha indirizzato ai partecipanti al congresso. Il Papa sottolinea, in particolare, l’importanza “dell’integrazione regionale mediante trattati e istituzioni comuni”, per costruire “fortezze inespugnabili” contro forme di nazionalismo “a volte esaltate in maniera eccessiva”.
“Le relazioni tra Europa e America Latina hanno già una lunga storia – ha ricordato il cardinale Antonio Maria Rouco Varela, arcivescovo di Madrid e presidente della Conferenza episcopale spagnola -. Questo è un momento molto delicato, dal quale potrebbe uscire un buon programma di aiuti e un futuro fecondo per entrambi”. La Chiesa, ha detto, ha il compito di “ricordare e attualizzare la coscienza dei problemi nel continente latino-americano”, tra i quali la povertà, la criminalità, il narcotraffico, e “di riproporre la sua proposta di visione dell’uomo e della società, dando suggerimenti concreti soprattutto nel campo dei diritti umani e della giustizia sociale”. Tra Europa e America Latina vi può essere dunque uno scambio reciproco negli ambiti più diversi (dal commercio, alla scienza, al turismo), come ha ricordato mons. Jorge Enrique Jiménez Carvajal, vescovo di Zipaquirà (Colombia) e presidente del Celam.
Globalizzazione, politica ed economia. A descrivere la difficile situazione del continente latino-americano, con fortissime disuguaglianze sociali e livelli di povertà in aumento, è stato Patricio Aylwin Azocar, già presidente del Cile. Su una popolazione totale di 535 milioni di abitanti (compresi i Caraibi), il 43,8% del totale, ossia più di 211 milioni di persone, sono poveri. Solo nell’ultimo decennio 11 milioni e mezzo di persone in più del passato si sono impoverite. Inoltre, 77 milioni di abitanti vivono in alloggi miserevoli e 165 milioni non hanno accesso all’acqua potabile. A questo vanno unite le poche possibilità di accesso all’educazione, al mondo del lavoro e ai servizi sanitari. “Se la globalizzazione dei mercati offre ai Paesi in via di sviluppo opportunità per migliorare l’integrazione nell’economia mondiale – ha affermato Aylwin – è anche vero che quando non esiste un’autentica parità di opportunità a livello internazionale, le norme globali che regolano il commercio mondiale generano maggiori disuguaglianze”. La sfida non è quindi “impedire la globalizzazione ma fare in modo che funzioni in maniera equa per il bene dell’intera umanità e non solo per gli interessi particolari di alcuni Stati e imprese multinazionali”.
Favorevole alla globalizzazione è invece il primo ministro spagnolo José Maria Aznar, presidente di turno del Consiglio europeo, che ha sottolineato la necessità di “smontare il protezionismo economico” per facilitare gli scambi con l’America Latina. Al contrario Antonio Gutierrez, già primo ministro del Portogallo, ha espresso la sua convinzione “che la globalizzazione va bene, ma non deve essere solo per pochi”. “Come esiste una coalizione globale contro il terrorismo – ha affermato – dovrebbe essere possibile crearne una contro la povertà”.
Per José Tomas Raga Gil, docente di economia applicata all’università di San Pablo Ceu (Madrid), “differenze come la diversità di opportunità, di condizioni essenziali di vita, di accesso al mondo della cultura, della tecnologia, dell’economia e dei mercati, provocano una preoccupazione all’interno del fenomeno della globalizzazione, dalla quale dovrebbe invece partire il principio della uguaglianza e della simmetria tra i suoi protagonisti”. “La solita predica della libertà nello sviluppo delle relazioni di tutti i tipi, commerciali e finanziarie a suo avviso -, comincia ad essere una illusione, perché quella libertà sarà limitata e ristretta nella misura in cui conviene a chi stabilisce le regole del gioco globale”. Per questo oggi più che mai occorre “abbattere le frontiere del protezionismo” e richiamare “la solidarietà come impegno per risolvere i problemi che affliggono una buona parte dell’umanità”. Urgenza ribadita anche dal cardinale Oscar Andrés Rodriguez Maradiaga, arcivescovo di Tegugicalpa (Honduras): “La globalizzazione o sarà solidale o non sarà affatto. Se non sarà solidale degenererà in un impero totalizzante che, impedendoci la partecipazione, ci porterà all’obbedienza”.