Rispetto al grande risalto dato dai giornali italiani, i principali quotidiani internazionali “salutano” l’accordo Russia-Nato, firmato a Pratica di Mare (Roma) il 28 maggio, con maggiore “sobrietà”. L’ Herald Tribune (29/5) dedica, comunque, il titolo d’apertura all’avvenimento, che viene definito da gran parte dei commentatori come il “primo passo” di avvicinamento tra i due ex blocchi nemici dopo la “guerra fredda”: “Per tutta la retorica speranzosa che ha accompagnato la creazione di un Consiglio Nato-Russia all’interno dell’Alleanza atlantica commenta John Vincour era chiaro che, nel momento in cui la Russia ha acquisito un ruolo nella Nato, è entrata in società con un asterisco. Nelle consultazioni all’interno della Nato, la Russia avrà un’eguale voce su un prestabilito numero di proposte che vanno dall’antiterrorismo alla proliferazione delle armi nucleari. Ma la Russia non avrà la possibilità di bloccare o di porre il veto su decisioni prese dal Consiglio Nord-Atlantico, l’autorità più alta dell’organizzazione”. “La lotta contro il terrorismo nell’agenda dell’incontro Nato-Russia a Roma”, è il laconico titolo di Le Monde (29/5), che mette l’avvenimento in seconda pagina, come “coda” ad un ampio servizio sull’ultimo rapporto di Amnesty International, incentrato sulla lotta al terrorismo dopo l’11 settembre. “George Bush intende mettere ancora una volta i partner dell’Alleanza di fronte alle loro responsabilità nei confronti dell’Iraq”, è il “catenaccio” dell’articolo, in cui Laurent Zecchini osserva che con l’accordo firmato il giorno precedente “l’Alleanza atlantica dà l’impressione di essere all’unisono con le esortazioni del presidente Bush che, a Berlino, ha domandato agli europei di combattere il ‘terrore globale’, che è la ‘nuova minaccia totalitaria’ dopo l’11 settembre. E’ a causa di questa sconfitta, ed in una certa misura grazie ad essa, che l’Onu intende ritrovare un nuovo ‘afflato’, ed è in ogni caso a causa della minaccia terroristica comune che l’Alleanza atlantica sigla un nuovo partenariato con la Russia”. In prima pagina della Frankfurter Allgemeine Zeitung (FAZ) del 29/5, l’editoriale “ Quel che verrà dopo” di Klaus-Dieter Frankenberger commenta il vertice Nato di Pratica di Mare; dopo aver rilevato l’importanza dell’accordo con la Russia nella lotta al terrorismo transnazionale, osserva che “ la Nato non è mai stata così importante quanto oggi, poiché il nuovo legame istituzionale tra Mosca e Bruxelles rappresenta l’espressione più recente del processo di cambiamento profondo” in atto nel Patto atlantico. “Dal momento della caduta del muro”, prosegue, “ci si pone la domanda del senso e dello scopo” della Nato, che diventerebbe quindi una sorta di “ OCSE (Organizzazione per la cooperazione e la sicurezza in Europa) con muscoli militari“.
Il viaggio del Papa in Azerbaijan e in Bulgaria ha suscitato vasta eco nella stampa tedesca. L’appello alla pace, “ Finché avrò voce, griderò: Pace, nel nome di Dio!“, viene riportato all’inizio dell’articolo di Heinz-Joachim Fischer sulla FAZ del 23/5, in cui descrive l’incontro con i capi religiosi e i politici del Caucaso, ai quali va l’invito “ alla tolleranza ed alla trasparenza“. Sulla FAZ del 24/5, viene evidenziata la ferma volontà del Papa “ di portare pace in una regione in cui si scontrano due continenti con diversi popoli, culture e religioni“. L’incontro con i giovani e il “ fardello politico” del viaggio sono poi i temi dell’articolo del 27/5, in cui il corrispondente del quotidiano tedesco osserva che “la politica della mano tesa, dimostrata dalle parole e dai gesti, ha caratterizzato quest’ultimo viaggio internazionale“; il Papa, commenta, ha “cercato l’incontro con le autorità islamiche, non solo in Azerbaijan “, ma anche in Bulgaria, dove “ ha incontrato il Gran Mufti”, trovando il tempo per “ far visita ai rappresentanti della religione ebraica e ai capi delle comunità protestanti“. Cristiane Schlötzer sulla Süddeutsche Zeitung del 23/5 descrive l’accoglienza riservata in Azerbaijan e, nell’articolo intitolato “ Missione ‘Guida spirituale’” – dal nome dell’albergo che ha ospitato il Pontefice osserva che Giovanni Paolo II nella Repubblica caucasica è “ stimato soprattutto per il ruolo svolto nella caduta del regime sovietico“.