“Dalla tradizione e dalla cultura giuridica europee forgiate dal cristianesimo” sono numerosi “gli elementi che possono confluire nella Costituzione europea in corso di elaborazione”. E’ il parere del rettore della Lumsa, Giuseppe Dalla Torre, al recente convegno promosso dalla Pontificia Università San Tommaso d’Aquino su “La presenza del cristianesimo nella Costituzione dell’Unione europea” a cui hanno partecipato, tra gli altri, il senatore a vita, Giulio Andreotti ed il sociologo Alberto Lo Presti. A dimostrarlo, ad avviso del giurista, sono “i sei capi in cui sono ordinati i diritti fondamentali della Carta proclamata a Nizza nel dicembre 2000: dignità, libertà, uguaglianza, solidarietà, cittadinanza, giustizia; valori cristiani incarnati nella realtà civile e che esprimono la persistente vitalità del fenomeno religioso”. Per Giuseppe Dalla Torre, se lo Stato è autenticamente laico, “esso deve riconoscere la propria incompetenza in materia religiosa”. Di qui l’importanza di inserire nella futura Costituzione “il riconoscimento da parte dell’Unione Europea dello statuto giuridico che le Chiese detengono nei diversi ordinamenti nazionali così come contemplato dall’allegato 11 del Trattato di Amsterdam del 1997, tema al quale è mancato ogni riferimento nella Carta di Nizza”.
“Non cristallizzarsi sulle formulazioni ma impegnarsi in azioni concrete”, è l’invito che il senatore Giulio Andreotti ha rivolto ai politici di ispirazione cristiana. Commentando il dibattito sul mancato riferimento all’eredità religiosa nel preambolo della Carta sui diritti fondamentali dell’Unione europea, Andreotti ha rilevato che “non tanto è importante la menzione specifica del fatto religioso, quanto il dare sostanza ai valori in cui crediamo”. Secondo il senatore sono necessarie “decise azioni di recupero di quei valori ‘naturali’ che costituiscono il nostro patrimonio cristiano ed europeo e che non sono né invecchiati né superati bensì restano il fondamento della solidarietà, della sussidiarietà e della cooperazione”. Infine, per il sociologo Alberto Lo Presti “la religione non può rimanere confinata in ambito privato poiché essa porta un contributo irrinunciabile allo sviluppo della civiltà e della democrazia e da essa scaturiscono effetti di rilevanza pubblica”; un riconoscimento che “non intacca in alcun modo la laicità degli Stati”.