Quotidiani e periodici” “


“Chirac verso la maggioranza assoluta”. E’ il titolo con cui Le Monde (11/6), in prima pagina, saluta la vittoria della destra al primo turno delle elezioni legislative francesi che monopolizzano l’attenzione dei quotidiani d’oltralpe. Il successo della destra, si legge nell’articolo , “conforta la strategia di Jacques Chirac”. L’altro dato eclatante, suggerisce subito dopo il quotidiano francese, è la percentuale di astensione: circa 15 milioni di francesi non si sono recati alle urne. Le Monde sottolinea questo “record storico di astensione”, per un primo turno di elezioni legislative durante la quinta Repubblica. Più strettamente politica, a fondo pagina, la lettura che Hervé Gattegno e Annes-Line Roccati fanno della tornata elettorale: “Sconvolto la sera del 21 aprile – scrivono – fiaccato all’indomani del 5 maggio, il paesaggio politico francese è in procinto di ritrovare una coerenza. La spenta campagna per le elezioni legislative annunciava, probabilmente, la fine della parentesi un po’ irrazionale che aveva consentito l’accesso di Jean-Marie Le Pen al secondo turno delle presidenziali: dopo la crisi e il soprassalto, le cose stavano rientrando banalmente nell’ordine (…). Di questo ritorno alle fondamenta della quinta Repubblica, concepita attorno alla supremazia presidenziale, Jacques Chirac è evidentemente il principale beneficiario – per non dire il solo”. “A che servono i nostri deputati?”: è il titolo di un ampio e dettagliato dossier che La Croix (9/6) dedica al “funzionamento” della macchina politica, legislativa ed elettorale francese, alla vigilia dell’ultimo responso delle urne. Tra le curiosità, anche i “dettagli” degli stipendi dei politici, insieme a date, numeri, indirizzi e notizie utili per districarsi in quello che il quotidiano cattolico definisce il “cuore della democrazia”.

Il dibattito sull’antisemitismo continua a focalizzare l’attenzione della stampa tedesca. Micha Brumlik della Frankfurter Rundschau del 7/6, definisce “intenzionale e senza pentimento” la diffusione di “ clichées antisemiti“. Il docente di scienze dell’educazione presso l’Università di Francoforte commenta: “ Con vergogna e amarezza si deve registrare che l’antisemitismo è ridiventato una componente riconosciuta della cultura politica“. Dominik Cziesche e Barbara Schmid sullo Spiegel del 10/6 riportano la dichiarazione di Kenan Kolat, vicepresidente della comunità turca in Germania, che considera “ un’offesa ritenere che i musulmani possano essere attirati da dichiarazioni antisemite“. Il settimanale presenta inoltre un servizio dal titolo “Addio al cliché?” di Karen Andresen e Hans-Ulrich Stoldt. Da un sondaggio condotto sulla diffusione del sentimento antiebraico emerge un’inversione di tendenza: “ Rispetto agli Anni Novanta, il consenso è sensibilmente diminuito“. Il 49% degli intervistati ritiene che il popolo tedesco abbia “ una particolare responsabilità nei confronti degli ebrei“; i risultati evidenziano il persistere “degli stereotipi antisemiti soprattutto negli elettori di età più avanzata” e l’esistenza di “ nette differenze tra tedeschi dell’Est e dell’Ovest“: i primi attribuiscono agli ebrei un “ influsso eccessivo sulle vicende mondiali” solo nel 17% dei casi, mentre ciò è condiviso dal 33% degli abitanti della Germania occidentale. Il 70% degli intervistati, ritiene infine che “ i tedeschi possono criticare la politica di Israele così come quella di qualsiasi altro Paese“.

L’Europa deve credere in se stessa“, è il titolo dell’intervento di Angela Merkel, pubblicato dalla Frankfurter Allgemeine Zeitung dell’8/6. A proposito della cooperazione europea, la presidente della Cdu sottolinea la necessità di “ chiarire anzitutto quali compiti vogliamo attribuire all’Europa” e di stabilire “ quali questioni debbano essere risolte a livello comunitario e quali a livello nazionale“. Auspicando il rafforzamento “ degli impegni nella sicurezza e nella difesa“, aggiunge: “ Dalla forza in campo militare deriverà anche una forza in campo politico“. Merkel considera “ inderogabile che l’Europa impari a parlare con una sola voce nelle questioni di politica estera“.