” “"Christians in Sport" ” “è un’associazione ” “ecumenica promossa dalla "Chiesa di Inghilterra" per ” “evangelizzare il ” “mondo sportivo” “
Sono cristiani e sportivi e per loro l’esercizio fisico è un modo di lodare Dio. “Christians in Sport”, associazione ecumenica nata all’interno della “Chiesa di Inghilterra”, diffusa oggi in 40 università, con più di mille aderenti, ha come missione evangelizzare il mondo dello sport. Lo slogan dell’associazione, nata negli anni Settanta è una frase tratta dai pensieri di Eric Liddell, attore atleta nel film “Chariots of fire”, “Carri di fuoco”, “Dio mi ha fatto per uno scopo ma mi ha anche fatto veloce e quando corro, sento il Suo piacere”. “Vogliamo parlare a tutti di Gesù perché è la cosa più importante della nostra vita”, spiega Andrew Wingfield Digby, direttore di “Christians in Sport”, pastore della “Chiesa di Inghilterra”, padre di tre figli, con un passato da sportivo.
Digby non dimentica il doping: “E’ un problema molto diffuso anche nel mondo del calcio afferma – e gli atleti cristiani dovrebbero dare il buon esempio”. “Purtroppo però esiste una fortissima pressione sociale ad avere successo e di conseguenza si cede a queste tentazioni. Ma non dovrebbe essere così per gli atleti cristiani per i quali, al contrario, lo sport è una celebrazione dei doni di Dio. Questo è il significato del talento sportivo, un dono di Dio da condividere con gli altri”.
Dunque non si tratta di vincere a tutti i costi. “Le persone dovrebbero sempre contare di più di una vittoria”, prosegue Digby. “E’ importante eccellere ma per Dio non per noi stessi. Quello che conta è dare il meglio di noi stessi, ma sempre pensando a Dio. Anche quando perdiamo o falliamo siamo perfetti agli occhi di Dio. Purtroppo oggi questa etica cristiana è diventata molto difficile da praticare per colpa del denaro”.
La convinzione di Andrew Wingfield Digby, che il doping sia diffuso nel mondo del calcio inglese è condivisa anche dal dottor Michel D’Hooghe, presidente della commissione medica della Fifa, il quale in un’intervista ripresa dai principali quotidiani inglesi ha dichiarato che i più famosi giocatori inglesi si servono di sostanze dopanti per migliorare le loro prestazioni. Benché nessun giocatore di calcio inglese sia mai risultato positivo a controlli, a differenza di quanto è avvenuto in Italia, Spagna e Germania, l’uso del doping è diffuso anche in Gran Bretagna. Il punto di vista di D’Hooghe è stato confermato da Gordon Taylor, direttore della “Professional Footballers’ Association”, l'”Associazione dei calciatori professionisti”, secondo il quale i giocatori hanno un numero troppo alto di partite da giocare e non sarebbero in grado di affrontare la fatica che questo comporta senza l’uso di farmaci.
Silvia Guzzetti – Londra