ambiente

” “Una dichiarazione comune

” “” “Unite per consegnare il pianeta al "futuro dei nostri figli": è l’impegno delle chiese cristiane in difesa dell’ambiente, sottoscritto dal Papa ” “e dal Patriarca Bartolomeo I” “



“Non è troppo tardi”. L’umanità di oggi può ancora consegnare il pianeta “al futuro dei nostri figli”. Si conclude con questa invocazione la “Dichiarazione comune” sottoscritta il 10 giugno da Giovanni Paolo II e Bartolomeo I . L’atto della firma è avvenuto attraverso un collegamento video che ha unito il Santo Padre – rimasto a Roma – con la sala degli Scrutini di Palazzo Ducale a Venezia. La firma ha concluso il Simposio su “Il Mare Adriatico. Un mare a rischio, unità d’intenti” che, per cinque giorni e su iniziativa del Patriarcato di Costantinopoli, ha riunito su una nave da crociera circa 250 persone. “La Dichiarazione comune – spiegano in una nota i promotori dell’incontro – è una manifestazione del desiderio delle Chiese d’Occidente e d’Oriente di impegnarsi nel dialogo”. Nel prendere la parola, Giovanni Paolo II ha ricordato la Giornata di preghiera per la pace nel mondo ad Assisi. “La Santità Vostra – ha detto il Papa al patriarca ecumenico – ha risposto allora all’appello ed ha avuto la cortesia di parteciparvi. Oggi, sono io che ho il piacere di unirmi a Lei per questo atto significativo. Ritengo che questi nostri scambi siano veri e propri doni del Signore, il quale ci indica così che lo spirito di collaborazione è capace di trovare espressioni nuove per dare solidità e concretezza a quella testimonianza di comunione che il mondo attende da noi”. E sul ruolo delle religioni si è soffermato anche il Patriarca di Venezia, mons. Angelo Scola nel suo saluto ai partecipanti del Simposio. “Dopo i terribili attentati dell’11 settembre 2001 – ha detto il Patriarca – gli uomini delle religioni sono stati invitati a mettere tra parentesi la loro fede, sospettata di essere una delle cause principali di quello scontro di civiltà che sembra minacciare l’alba del Terzo Millennio. Questa bella iniziativa mostra, al contrario, che le religioni – nella misura in cui sanno evitare ogni deriva ideologica – lungi dall’essere pietra d’inciampo sono risorse preziose per la costruzione di civiltà in reciproco confronto”.

La tristezza delle Chiese. La preoccupazione per le sofferenze dell’umanità e il desiderio di operare insieme per “per il bene di ogni essere umano e per la responsabilità del creato”. Sono i motivi che hanno spinto la Chiesa cattolica e la Chiesa ortodossa a scendere in campo – con un convegno di studio e una dichiarazione congiunta – per spronare “gli uomini e le donne di buona volontà” al rispetto e alla salvaguardia del creato. “In questo momento della storia – scrivono Giovanni Paolo II e Bartolomeo I – siamo rattristati nel vedere le sofferenze quotidiane cui sono sottoposte un gran numero di persone a causa della violenza, della fame, della povertà e delle malattie. Siamo anche preoccupati delle conseguenze negative per l’umanità e per tutto il creato che derivano dal degrado di alcune risorse naturali di base come l’acqua, l’aria e la terra, causate da un progresso economico e tecnologico che non riconosce e non tiene conto dei suoi limiti”.

Il ruolo delle religioni. Il Papa e il Patriarca ricordano che “il rispetto per la creazione discende dal rispetto per la vita e la dignità umana” e che “in questa prospettiva, i cristiani e tutti gli altri credenti hanno un ruolo specifico da svolgere”, educando le persone alla “coscienza ecologica che è innanzitutto responsabilità verso se stessi, verso gli altri e verso il creato”. I leader delle due Chiese cristiane indicano tre impegni. “Innanzitutto – scrivono – dobbiamo riacquistare umiltà e riconoscere i limiti delle nostre possibilità e, più importante ancora, i limiti della nostra conoscenza e del nostro giudizio” in modo che le azioni degli uomini non allontanino l’umanità dal “disegno di Dio sulla creazione”. In secondo luogo, l’umanità di oggi deve essere consapevole che “i nostri figli e le generazioni future hanno diritto ad un mondo migliore, un mondo libero da degradazione, violenza e spargimento di sangue, ad un mondo di generosità e amore”. Il Papa e il Patriarca infine chiedono a Dio di “illuminare le persone perché ovunque si faccia attenzione al dovere di rispettare e salvaguardare la creazione”.
Uso responsabile della scienza e solidarietà dei Paesi ricchi. La Dichiarazione si conclude con l’enunciazione di una serie di “principi etici”: pensare al “mondo dei nostri figli”, prima di agire; usare la scienza e la tecnologia “in un modo costruttivo, riconoscendo che i ritrovati della scienza devono essere sempre valutati alla luce della centralità della persona umana, del bene comune e del fine intrinseco della creazione”. “Sarà l’amore per i nostri figli – scrivono Giovanni Paolo II e Bartolomeo I – ad indicarci la strada da seguire per il futuro”. I responsabili delle due Chiese chiedono infine di essere “più umili riguardo all’idea di possesso e di essere aperti alle richieste di solidarietà”. “Ognuno – si legge nella dichiarazione – ha il suo ruolo da giocare” ma di fronte alle domande di giustizia e di solidarietà, “le società più benestanti devono avere l’onere più grande; ad esse è richiesto un sacrificio maggiore rispetto a quello che invece possono offrire i paesi più poveri”.

Un passo ecumenico importante. La soluzione della crisi ambientale “comincia nei cuori degli uomini e chiede un cambiamento degli stili di vita ed un atto di pentimento per ciò che abbiamo fatto”. Lo ha detto il card. Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, che insieme al card. Roger Etchegaray, ha partecipato al Simposio del Patriarcato. In un’intervista rilasciata a “GVRadio” – la radio della diocesi di Venezia – il card. Kasper ha definito la dichiarazione “un passo ecumenico importante”. I cristiani, ma anche i musulmani – spiega il rappresentante vaticano – credono infatti nel Dio creatore del mondo: “Non siamo noi i padroni della natura ma abbiamo una responsabilità: la creazione è stata consegnata nelle nostre mani per un uso responsabile”. E invece “non solo abbiamo distrutto la natura ma l’abbiamo anche avvelenata. Adesso dobbiamo cambiare. Questa è la nostra responsabilità oggi”.
Maria Chiara Biagioni