Il card. Poupard ribadisce la centralità dei valori cristiani” “per l’"anima" dell’Europa e auspica "un’unità vera" tra i popoli europei” “” “
Tra i diritti fondamentali dei popoli europei non va incluso quello “all’amnesia”. Parte da una provocazione il card. Paul Poupard , presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, per ribadire la necessità di “creare una unità vera e non solo superficiale o burocratica tra i popoli europei”. L’occasione è offerta dall’apertura del convegno “Verso una costituzione europea?”, in corso a Roma fino al 23 giugno.
Per un “umanesimo laico e religioso”. Le culture dei Paesi europei sono “fondate su una tradizione secolare di umanesimo laico e religioso”, sottolinea Poupard facendo riferimento ad una “Dichiarazione europea sugli obiettivi culturali”, elaborata dai 23 ministri europei della Cultura a Berlino, nel maggio del 1984; un documento “dimenticato”, lo definisce il cardinale – che ha partecipato personalmente alla stesura – sia dalla Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, proclamata a Nizza nel 2000, sia dalla Dichiarazione di Laeken del dicembre 2001. “Proprio grazie alla visione proposta dall’umanesimo, scaturito a sua volta dal pensiero religioso e da quello laico commenta Poupard sono stati formulati i diritti inalienabili dell’uomo ed è stata riconosciuta la piena libertà di ogni essere umano”. Di qui la necessità dell’attenzione alla “totalità del patrimonio europeo” per non cedere ad una “visione riduttiva e semplicistica che vorrebbe trasformare in semplice oggetto di antiquariato o in reperto archeologico il ricchissimo e vasto patrimonio composto di valori spirituali e religiosi, caratteristico dei popoli europei”. Per Poupard si tratta di un patrimonio che “rischia di essere dimenticato e vanificato” e che invece “arricchisce ancora e vivifica l’esperienza quotidiana di milioni di cittadini europei, dell’Occidente come dell’Oriente”.
Oltre il “disagio” dei cittadini. La futura Costituzione europea, quindi, “non potrà non farne tesoro”, se non vuole “ridurre l’unità europea ad una unione funzionale ad interessi economici e politici, trasformarla in un complesso e artificioso meccanismo burocratico” che produrrebbe soltanto “il disagio degli uomini e delle donne d’Europa”, presenti nell’Unione “solo come soggetti di diritti e doveri politici ed economici”, ma “estranei ad un’Europa senz’anima, che rinnega la propria cultura, la propria memoria storica”. “Favorire l’accesso di tutti” e “partecipare attivamente alla realizzazione della costruzione europea”: questi due obiettivi sono giudicati essenziali dalla Dichiarazione citata e attuali ancora oggi, visto che “non c’è un’Europa con una sua chiara identità e con un progetto di comunione nella libertà e nella responsabilità, se non c’è un profondo e vitale legame con le radici cristiane e umanistiche del nostro continente”, ribadisce Poupard citando recenti interventi del Capo dello Stato sul futuro del nostro Continente.
Quattro papi… “europei”. Pio XII fu un “grande sostenitore dell’idea dell’Europa unita”, osserva il presidente del dicastero pontificio, mentre Giovanni XXIII contribuì a “sostenere la collaborazione tra i popoli e le nazioni, riaffermando il principio della sussidiarietà”. Ma è soprattutto Paolo VI ad essersi espresso a favore dell’unità europea, affermando che “l’Europa mantiene la sua identità e rimane se stessa a condizione che non respinga la sua profonda identità cristiana”. La Chiesa, in altre parole, per Papa Montini si presenta al mondo come “esperta di umanità”, nel pieno rispetto del principio della laicità dello Stato ma anche distinguendo accuratamente tra laicità e “laicismo”. E’ merito di Giovanni Paolo II, infine, “l’accento nuovo” dato all’integrazione europea, tramite la valorizzazione di un cammino di integrazione di cui deve farsi protagonista un’Europa “a due polmoni” (Est e Ovest) e nella quale qualsiasi “marginalizzazione delle religioni” sarebbe “un’ingiustizia e un errore di prospettiva”.
Maria Michela Nicolais