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Parità negata” “

Rimane lunga la strada da percorrere in tutti i Paesi europei per garantire una reale parità di accesso delle donne alle cariche elettive e ai ruoli dirigenziali” “” “

“I servizi sociali sono i migliori amici delle donne”: è il parere di Raija Rimpilainen, segretario generale del Partito socialdemocratico finlandese, il cui intervento è stato seguito con molta attenzione dalle partecipanti al convegno “Le donne: solo elettrici?” svoltosi nei giorni scorsi ad Ancona e promosso dalla Commissione nazionale per le Pari opportunità e da quella regionale delle Marche. Il convegno ha allargato lo sguardo all’esperienza di altri paesi europei, oltre a fare il punto sulla situazione italiana dove le donne elette in Parlamento rappresentano solo il 9% della sua composizione pur costituendo la maggioranza dell’elettorato attivo.

Finlandia. Le finlandesi sono state le prime in Europa nel 1906 ad aver ottenuto il diritto di voto e le prime al mondo a conquistare il diritto di essere eleggibili. L’attuale presenza in Parlamento è pari al 44% e ci sono 7 ministri donna su 18 nel Governo, compreso il ministro dell’industria. La Finlandia ha visto anche un ministro delle finanze donna e persino un presidente della Repubblica. “Le donne sono più istruite – ha spiegato la Rimpilainen – anche a livello universitario ma si occupano soprattutto di scienze sociali, insegnamento, arte: la tecnologia è affidata agli uomini. Inoltre le donne stentano a fare carriera: pur occupandosi largamente di istruzione, il 60% dei presidi sono uomini. Nella fascia di età tra i 25 e i 44 anni tra le donne c’è una maggiore disoccupazione”.

Spagna. All’estremità opposta della Finlandia, non solo geograficamente, si situa la Spagna. “Solo ora – ha detto Judith Astelarra, docente presso la Facoltà di sociologia dell’Università di Barcellona – nonostante siano trascorsi 25 anni di democrazia, cominciamo a discutere di rappresentanza politica delle donne. Ancora negli anni ’70, si diceva che la cosa peggiore per una donna era cercare di imitare un uomo. Nelle prime elezioni del ’77, le donne ottennero il 6%, che fu definito in seguito “dannato 6%” perché si era trattato di una quota concessa. Tra il 1989 e il 2000, c’è stato un aumento di rappresentatività fino a quasi il 30%, anche nei Parlamenti delle comunità autonome. Si può dire che sia un successo ma la domanda che occorre porsi è se questo comporta un cambiamento della politica, se le donne hanno davvero il potere di portare nuove istanze, nuove richieste”.

Francia.
“Nel nostro Paese c’è una situazione simile a quella italiana – ha affermato Geneviève Tapié, presidente de ‘l’Assemblée des femmes’ e delegata del Ministero dei Diritti della donna francese – poiché le francesi sono state tra le ultime ad ottenere il diritto di voto, nel 1944, sebbene il suffragio universale fosse stato sancito già dal 1848. Negli anni ’30 la sinistra non si adoperò abbastanza in tal senso, soprattutto i radicali temevano che le donne votassero a destra, ‘come i parroci’ avrebbero loro indicato; così, per adoperarle come bastione contro il comunismo, il generale De Gaulle, capo del Governo provvisorio, propose che le donne fossero elettrici ed eleggibili allo stesso modo degli uomini”. Le donne francesi entrarono nell’Assemblea nazionale nell’immediato dopoguerra con il 5.6%, grazie al ruolo avuto nella Resistenza ma la presenza delle donne è scesa fino all’1,6%, per poi risalire negli anni successivi fino al 10%, fanalino di coda dell’Europa, nel 1997. Nello stesso anno, il primo ministro Lionel Jospin s’impegnò ad aumentare il numero delle donne in politica, modificando la Costituzione. Questa è stata modificata il 28 giugno 1999 dal Parlamento che ha introdotto la formula di “stesso accesso” delle donne e degli uomini al mandato elettorale e alle funzioni elettive. Su questa base, il 6 giugno del 2000, è stata promulgata la c.d. legge “sulla parità”. La Francia è ora il primo paese al mondo a richiedere, per la maggior parte delle consultazioni elettorali, un uguale numero di candidati e candidate nelle liste. Nei casi nei quali tale legge è stata già applicata, ad esempio nelle elezioni comunali, il numero dei consiglieri comunali donna è raddoppiato”.
Chiara Santomiero