” “Quotidiani e periodici” “

Il piano di pace proposto dal presidente americano, George Bush, ad israeliani e palestinesi, alla vigilia del vertice del G8 in Canada, monopolizza l’attenzione dei principali quotidiani internazionali. Sul “rifiuto” di Arafat alla proposta di Bush si sofferma l’ Herald Tribune (26/6) , in cui Molly Moore e John Ward Anderson riferiscono che “il leader palestinese (…) ha rimandato al mittente la richiesta del presidente Bush di una nuova leadership palestinese, asserendo che solo il popolo palestinese può decidere chi dovrebbe essere eletto come suo leader”. “Bush, la Palestina, senza Arafat”, è invece il secco titolo di Le Monde (26/6), che oltre all’editoriale e all’articolo di apertura ospita un ampio “dossier” nelle pagine interne dedicato ad un’inchiesta sugli ebrei americani (definiti “in stato d’allerta”) e a commenti e riflessioni di autorevoli esperti. “Il presidente Bush – si legge nell’editoriale del quotidiano francese – ha proposto (…) uno strano scambio ai palestinesi: gli Stati Uniti vi aiuteranno a dotarvi di uno Stato si voi vi sbarazzerete del vostro capo, Yasser Arafat. Non ha pronunciato il nome di Arafat; ha parlato della necessità di una nuova ‘direzione’ palestinese. Ma il senso della sua proposta è indubbio: gli Stati Uniti chiedono di fatto la partenza di Arafat; non negozieranno più con lui; forse accetteranno che il vecchio capo palestinese occupi ancora qualche funzione onorifica, ma non più di questo”. Le Monde definisce il “metodo” usato dal presidente americano “straordinario, ingiusto e arrogante”, oltre che rivolto a raggiungere “l’obiettivo ossessivo” di Ariel Sharon: “l’eliminazione, perlomeno politica, dell’uomo che incarna il movimento nazionale palestinese”. La “prospettiva politica” prospettata da Bush, e cioè la possibilità di arrivare alla costituzione di uno Stato palestinese e alla fine dell’occupazione israeliana dei territori, secondo il quotidiano francese è quella giusta, a patto però che venga rispettata da ambo le parti: da quella palestinese, che “deve votare alla fine dell’anno”, e da quella israeliana, che si rivelerebbe “irresponsabile” se non considerasse la seconda parte del discorso del presidente americano altrettanto importante della prima.

Il vertice di Siviglia e il tema dell’immigrazione sono al centro dei commenti della stampa tedesca. Nella Frankfurter Rundschau ( FR) del 21/6, Martin Winter osserva: “ Se l’Europa non vuole tradire i propri valori, deve porre fine al mercato dell’immigrazione. Il problema irrisolto diventa terreno di coltura dei movimenti populistici di destra. Il nucleo del problema non è tanto l’immigrazione clandestina, quanto l’assenza di un concetto europeo di immigrazione“. Nell’articolo della Frankfurter Allgemeine Zeitung ( FAZ) del 21/6, Peter Hort scrive: “ L’obiettivo fondamentale di un diritto europeo sull’immigrazione e sull’asilo con standard minimi comuni non è avanzato di un millimetro. La colpa è della mancanza di unità degli Stati membri“. La FAZ del 22/6 commenta: “ L’immigrazione è diventata una questione scottante, che agita i cittadini. Le sanzioni contro i Paesi da cui provengono gli immigrati clandestini possono essere applicate, se i governi hanno un atteggiamento ambiguo nei confronti del traffico umano. Ma è altrettanto vero” – prosegue – “ che a lungo termine, condizioni di vita decenti e situazioni politiche accettabili riducono la pressione ad emigrare“. La nuova legge tedesca sull’immigrazione è stata contestata per presunte irregolarità in sede di approvazione; la questione è stata sottoposta al giudizio del Presidente, Johannes Rau, che il 20/6 ha promulgato la legge e ha criticato i partiti che hanno alimentato la polemica. Per essersi sottratto “ alle pressioni del suo partito, la SPD“, e di quelle dell’opposizione, commenta Georg Paul Hefty sulla FAZ del 21/6, “ Johannes Rau è diventato un presidente forte“. “ Critica virtuosa del presidente“, titola la FR del 21/6. “ Il presidente ha detto lo stretto indispensabile a livello politico. Ed era proprio quel che ci voleva“, annota Thomas Kröter. Nel numero 26 del settimanale Die Zeit del 20/6, Richard Herzinger osserva: “ La firma di Johannes Rau, apposta alla legge sull’immigrazione, placa solo temporaneamente la contrapposizione sull’immigrazione, perché si tratta di una delle più importanti questioni per il futuro della Germania e dell’Europa moderna“. Per Herzinger, “ l’idea dai politici tedeschi, di poter blindare il Paese contro questa dinamica, è assurda“.