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"Sediamoci intorno ad un tavolo a discutere": è la risposta di mons. Mazur, vescovo "esiliato" in Polonia, alle accuse che gli ha rivolto il Patriarcato di Mosca” “
“Il problema principale del dialogo tra le Chiese russa ortodossa e romana cattolica è legato al fatto che tutte le buone intenzioni espresse dai cattolici in vari incontri ufficiali non sono state seguite da azioni concrete”. Lo scrive il metropolita Kirill, presidente del dipartimento delle relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, in una lettera al card. Walter Kasper, presidente del Pontificio Consiglio per l’unità dei cristiani, resa pubblica nei giorni scorsi. La lettera è seguita da “un documento informativo” del Patriarcato sul proselitismo. Il documento passa in rassegna le attività svolte dalle maggiori Congregazioni religiose, movimenti e aggregazioni laicali cattoliche presenti nel Paese. Un intero paragrafo è riservato all’attività del vescovo di Irkutsk, in Siberia orientale, mons. Jerzy Mazur , il quale privato del visto necessario per rimanere in territorio russo si trova oggi in Polonia dove lo abbiamo raggiunto telefonicamente.
Qual è stata la sua prima impressione alla lettura del documento?
“L’impressione è che il documento metta in un unico calderone tutte le attività della Chiesa cattolica, definendole proselitismo. In realtà, noi operiamo più in senso pastorale che missionario anche perché mancano preti e suore. I cattolici nella mia diocesi sono 50 mila e il Paese è grande: il suo territorio è 28 volte superiore a quello dell’Italia. In questa regione vivono 16 milioni abitanti e quasi un milione ha radici cattoliche. Ci sono infatti polacchi, tedeschi, lituani, ucraini, bielorussi. Vengono dall’Armenia, Lituania, Corea… Penso che non sia questo il tempo di andare gli uni contro gli altri. E’ piuttosto il momento di incontrarci, ritrovarci attorno ad uno stesso tavolo e parlare. Abbiamo bisogno di capire insieme che cosa è il proselitismo e che cosa invece si deve intendere per attività missionaria”.
Il Patriarcato muove accuse anche nei suoi confronti. Come risponde?
“Il documento afferma che io come verbita ho studiato missiologia a Roma ma questo non vuol dire che ora faccio proselitismo. E’ poi scritto che sono andato in Polonia a parlare con un arcivescovo che all’epoca era a capo di una Commissione missionaria. In realtà, io ho parlato con tanti vescovi perché abbiamo bisogno di preti. Ma ne abbiamo bisogno per fare un lavoro pastorale con i cattolici, sociale con la gente ed ecumenico con tutti i cristiani. Per noi predicare il Vangelo significa prima di tutto fare testimonianza, essere cioè testimoni del Vangelo di Gesù. E questo non è proselitismo”.
Come uscire da questo tunnel?
“Dobbiamo ritrovarci attorno ad un tavolo e parlare. Solo il dialogo può chiarire e aiutare le due Chiese. Anche tutto il lavoro sociale che facciamo viene visto come attività di proselitismo. Ma per noi non è così: è il dono di aiuto che desideriamo dare quando vediamo i bambini di strada, i minori abbandonati negli orfanotrofi, famiglie povere, giovani senza futuro e i tanti in preda alla droga. E’ un aiuto che possiamo dare insieme”.
Come vive questa situazione?
“Non è facile. Sono stato mandato là come vescovo, per aiutare la gente che ha radici cattoliche. Sono stato mandato là per aiutare i poveri, per dare sostegno a chi lo chiede. Ora chiedo: come si può fare proselitismo se ci sono solo 46 sacerdoti. E poi: costruire la Chiesa è proselitismo, quando tutte le Chiese sono state distrutte, trasformate in musei di ateismo, sale di concerto, ospedali….”.
Perché allora il Patriarcato è stato cosi duro?
“Non lo so. Anche per me è difficile capire. Comunque benché il documento sia molto duro, almeno ora sappiamo quello che gli ortodossi hanno da dire. E questo è positivo. Spero che si possa ora aprire la strada al dialogo. Hanno detto chiaramente cosa pensano della nostra attività; hanno dato esempi concreti di ciò che ritengono proselitismo e che invece noi riteniamo normale attività pastorale di una Chiesa. Siamo pronti a discutere, sedendoci attorno ad un tavolo”.
Lei attualmente si trova in Polonia. Rientrerà in sede?
“Ora è impossibile perché non c’è ancora il visto. Il Santo Padre ha scritto una lettera personale al presidente Putin dal quale però non ho ricevuto ancora nessuna risposta. C’è stata poi una nota diplomatica da parte della Santa Sede ma anche il Vaticano non ha ricevuto nessuna risposta. Anche il governo polacco ha inviato una nota diplomatica che non ha avuto però alcun seguito. Credo che il presidente Putin possa cambiare questa situazione e fare in modo che io possa rientrare e continuare il mio lavoro come vescovo”.
Qual è la sua speranza?
“La mia speranza è che il Santo Padre e il Patriarca Alessio si incontrino presto. E che dal loro incontro possa cominciare un dialogo fruttuoso. Perché solo il dialogo può risolvere tutti questi problemi. A partire da una definizione di proselitismo e di attività pastorale. Abbiamo bisogno del dialogo ecumenico. Ho un’altra speranza: poter rientrare presto nel Paese per continuare il mio lavoro che è un lavoro pastorale e per promuovere il dialogo ecumenico con gli ortodossi”.
Maria Chiara Biagioni