anglicani" "
Una riforma della Chiesa anglicana che la porti alla completa separazione dallo Stato: se ne è discusso nel recente Sinodo” “generale a York” “
Si è svolto dal 5 al 9 luglio a York, in Gran Bretagna, il Sinodo generale della Chiesa anglicana di Inghilterra. Molti i temi discussi dall’assemblea. Tra questi, la decisione di permettere ai divorziati di risposarsi in chiesa: la pratica era già diffusa ma era fino ad oggi a discrezione del parroco. Il Sinodo ha affrontato anche la questione dell’ordinazione delle donne vescovo che però ha diviso chi si è dichiarato a favore e chi invece contrario per impedire ulteriori problemi con la Chiesa di Roma. Uno degli argomenti più dibattuti è stato inoltre il “disestablishment”, cioè la separazione della Chiesa di Inghilterra dallo Stato. Il Sinodo ha respinto una mozione con la quale si chiedeva che il primo ministro venisse escluso dal processo di nomina del futuro arcivescovo di Canterbury che a breve sostituirà George Carey, perché questa decisione avrebbe comportato la separazione della “Chiesa di Inghilterra” dallo Stato inglese. Tuttavia già nelle scorse settimane a favore di questa ipotesi si erano espressi l’arcivescovo di York, David Hope, il secondo per importanza nella gerarchia anglicana dopo quello di Canterbury, l’arcivescovo del Galles, Rowan Williams (la Chiesa del Galles venne separata dallo Stato nel 1920) e l’ex arcivescovo di Birmingham, appena ritiratosi, Mark Santer.
Lasciare la Camera dei Lord. L’arcivescovo Mark Santer, in un discorso al Sinodo diocesano nel marzo scorso dichiarò che, a suo avviso, era ora che i vescovi anglicani smettessero di occupare posti nella Camera dei Lord, la seconda per importanza del parlamento inglese dove siedono i pari del regno per nomina o per titolo ereditario. “Il mio punto di vista – disse in quella occasione l’arcivescovo di Birmingham – è che, pur avendo servito bene il parlamento in passato, ora dobbiamo andarcene”. Una presa di posizione coraggiosa se si considera che la “Chiesa di Inghilterra” venne fondata nel lontano 1534 da Enrico VIII proprio per rendere lo Stato inglese indipendente da Roma. La struttura della Chiesa anglicana è costruita intorno allo Stato: governatore supremo è la Regina, la nomina dell’arcivescovo di Canterbury, il capo teologico degli anglicani, spetta al primo ministro e la presenza dei ventisei vescovi e arcivescovi nella Camera dei Lord è il segno più concreto che questa Chiesa si colloca nel cuore stesso dello Stato inglese. Santer, ritiratosi per limiti di età lo scorso maggio, ha anche suggerito alla “Chiesa di Inghilterra” di modificare il suo rapporto con lo Stato in vista di un possibile cambiamento del ruolo della monarchia ed ha espresso alcune riserve in merito al ruolo del primo ministro, chiamato a scegliere vescovi e arcivescovi senza dover essere un cristiano battezzato.
Un legame di servizio. La risposta all’intervento di Santer dai vertici della gerarchia anglicana non si è fatta attendere. In un lungo discorso in occasione della festa di san Giorgio, il patrono di Inghilterra, il 23 aprile scorso, l’arcivescovo di Canterbury, George Carey ha difeso l'”establishment” della Chiesa anglicana, ovvero il suo ancoraggio allo Stato perché ha detto – senza il sostegno spirituale della Chiesa di Stato la società civile abbandona la propria cornice spirituale a favore di una del tutto secolare. “Senza una ferma convinzione in una fonte di autorità morale che si trovi oltre le ambizioni e i desideri degli individui, c’è il rischio che i princìpi vengano ridotti a una questione di opinione privata”, ha osservato l’arcivescovo. E ha proseguito: “La privatizzazione della moralità minaccia il nostro sentimento di coesione”, impedendo “un impegno verso obbiettivi morali comuni”.
Parte del dibattito sullo “disestablishment” si concentra infatti sull'”Act of Settlement” del 1701 che impedisce a un cattolico o a un anglicano sposato con una cattolica di diventare sovrano del Regno Unito. L’arcivescovo Carey ha osservato che la maggior parte delle voci a favore dell’abolizione di questa riforma sono di laici e repubblicani. In realtà, l’abolizione dell'”Act of Settlement” è stata chiesta qualche mese fa anche dal primate cattolico di Inghilterra e Galles, il card. Cormac Murphy-O’Connor.