In Francia le associazioni propongono centri di rieducazione e pene alternative per i minori ma il governo punta ad abbassare l’età del carcere a 13 anni” “
Delinquenza minorile, tra pena e rieducazione. “Sarà la prima volta che un dibattito svolto all’Assemblea e al Senato verterà sugli orientamenti strategici della sicurezza interna del Paese e non su misure tecniche e parcellizzata”, ha dichiarato il 10 luglio scorso, Nicolas Sarkozy, ministro dell’interno. Il dibattito provoca però reazioni inaspettate, specialmente da parte della “Cncdh” (la Commissione nazionale consultiva dei diritti dell’uomo) che chiama in causa la filosofia del progetto del Governo: “Se la risposta penale e persino quella carceraria sono a volte indispensabili, bisogna tenere presente che trattandosi di delinquenza minorile, la risposta educativa è di gran lunga quella in grado di cambiare realmente e durevolmente il comportamento del minorenne”.
Un rapporto sulla delinquenza. Il 3 luglio scorso, una commissione d’inchiesta del Senato costituita all’inizio dell’anno sotto la presidenza del senatore della provincia delle Hauts-de-Seine, Jean-Pierre Schosteck (Rassemblement Pour la République), ha reso pubblico un dettagliato rapporto sulla delinquenza minorile in Francia. Dal rapporto emerge un numero crescente di minori, sempre più giovani, con un “sentimento di impunità” che “va radicandosi nel constatare che la giustizia non mantiene le promesse”. Secondo gli autori del rapporto, “un minorenne può inoltrarsi sulla via della delinquenza malgrado le varie risposte fornitegli dalla giustizia, poiché queste risposte non sono né chiare, né progressive, né vengono applicate”. Secondo una stima della Commissione, “alcuni minorenni entrano nella delinquenza prima di aver compiuto i 13 anni e vi restano per mancanza di una risposta adatta”, mentre le norme non permettono di condannarli ad alcuna pena, né di metterli in detenzione provvisoria. Per tale motivo, la commissione ha proposto “per i ragazzi da 10 anni in su sanzioni educative come l’obbligo di compiere un tirocinio di formazione civica, la confisca del bene all’origine del reato oppure l’interdizione dal comparire in alcuni luoghi”.
Il trattamento dei minori. La commissione ha raccomandato inoltre di creare “istituti penitenziari specializzati per minorenni”, in modo da “poter realizzare iniziative di formazione intensiva per il loro reinserimento. Dal canto loro, i senatori hanno difeso l’apertura di strutture con vocazione educativa, riadattando in profondità l’ordinanza del 2 febbraio 1945 sull’infanzia che delinque e incoraggiando a “riscoprire la dimensione educativa della sanzione” tramite “uno sviluppo del sistema di riparazione e un allontanamento per un breve periodo dal proprio ambiente”. Su proposta di Jean-Pierre Rosenczveig, presidente del tribunale minorile di Bobigny, nella periferia nord di Parigi (Seine-Saint-Denis), la commissione propone anche di ripristinare la detenzione provvisoria per i minorenni con meno di 16 anni, abolita nel 1989, “soltanto qualora gli obblighi di un controllo giudiziario siano violati dal minorenne”. Per quanto riguarda la reclusione dei minorenni, può rivelarsi necessaria “per un certo periodo, poiché l’impone la sicurezza della società e perché i ragazzi sono trascinati in un processo di autodistruzione che occorre fermare”.
Verso una repressione più intensa? Ma i cappellani delle carceri che si occupano anche di minorenni non condividono questo parere: “In modo generalizzato, ci stiamo avviando verso una repressione più intensa”, osserva padre Jean Cachot, cappellano in un carcere nel Nord del Paese. “Abbiamo l’impressione prosegue – che il governo stia più rispondendo ad un’attesa dell’opinione pubblica che non ad un’analisi seria delle cause dell’insicurezza che maggiormente proviene dalla grande delinquenza, dai comportamenti mafiosi, anche se è meno apparente”. Tuttavia, in occasione del suo discorso alla Nazione del 14 luglio scorso, giorno della festa nazionale francese, il presidente della repubblica, Jacques Chirac, ha ribadito che “i centri di rieducazione non sono prigioni; sono centri in cui si prendono delle precauzioni per evitare che le fughe siano troppo sistematiche”.