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” “Cambia la realtà dei due milioni di italiani emigrati negli altri Paesi europei. E la Chiesa cerca nuove strade per accompagnarli” “” “
“Analizzare la situazione delle missioni cattoliche italiane in Europa per individuare le nuove priorità”. È questo l’obiettivo del 2° incontro dei delegati nazionali d’Europa della Fondazione Cei Migrantes, aperto oggi, 5 settembre, a Yverdon (Svizzera), che proseguirà fino a domenica prossima, 8 settembre. Durante l’incontro, spiegano gli organizzatori, “si rifletterà sugli ‘Appunti per i futuri Operatori pastorali ad Migrantes’. Inoltre, verranno presentate le proposte sulla revisione del sussidio ‘De Pastorali Migratorum cura’”. I delegati nazionali d’Europa hanno il compito di coordinare, in ogni nazione, il lavoro pastorale delle missioni cattoliche italiane a favore dei nostri emigrati. Attualmente sono due milioni gli italiani di passaporto residenti nelle varie nazioni d’Europa. La comunità più numerosa è quella della Germania che tocca le 680.000 unità. A tre delegati nazionali abbiamo chiesto di parlarci del loro impegno pastorale.
Germania: “Non più stranieri”. “In Germania, la visione della migrazione ha subito, in questi anni, una grande evoluzione. Ne dà testimonianza il fatto che gli emigrati non sono più visti come forza lavoro, ma come persone da integrare nella società. Non si parla più di stranieri ma di cittadini di altra madrelingua”. È quanto afferma padre Gabriele Parolin, delegato nazionale Migrantes della Germania. “Anche a livello ecclesiale – racconta padre Parolin – si vive già da tempo una stretta collaborazione fra le missioni etniche straniere e le parrocchie locali. Questa esigenza è dettata prima di tutto dalla mancanza di sacerdoti, ma anche dalla necessità di presentarsi come Chiesa cattolica unita. Naturalmente ogni diocesi vive esperienze diverse. A Rottenburg am Neckar, ad esempio, sono state create delle unità pastorali, coordinate da un sacerdote, per raggruppare tre o quattro parrocchie tedesche e una parte della missione. La collaborazione con la Chiesa locale è importante anche per un altro motivo: dei 680 mila emigrati italiani, una buona metà, appartenente alla prima generazione, non è integrata e un’altra parte è in via d’inserimento”.
Svizzera: “Non siamo un ghetto”. “Lavorare in piena sintonia con le diocesi svizzere”. È questo, spiega don Antonio Spadacini, delegato nazionale della Svizzera, l’obiettivo dei 78 sacerdoti impegnati nelle missioni cattoliche italiane. “La nostra azione pastorale continua don Spadacini è specificamente rivolta agli italiani, ma si sta instaurando un buon rapporto anche con persone di lingua francese e tedesca, appartenenti alle comunità locali”. Per don Spadacini, “interagire con le comunità locali per scoprire la ricchezza delle differenze e delle tradizioni è il traguardo più impegnativo da raggiungere per dar seguito ad un’autentica comunione. Le missioni non sono dei ghetti, ma delle comunità aperte”. A questo mirano “i progetti pastorali unificati che si stanno realizzando in alcune diocesi o le iniziative promosse dai missionari, come celebrare una volta al mese la Messa bilingue o festeggiare alcune feste patronali con le parrocchie svizzere”. Attualmente in Svizzera gli italiani sono circa 310 mila. Oltre 100 mila sono cittadini di doppia nazionalità.
Belgio: “Le nuove migrazioni”. “Sono circa 5 mila gli italiani che ogni anno si recano a Bruxelles per motivi di lavoro, legati all’Unione Europea, o di studio”. Sono questi, per don Giambattista Bettoni, delegato nazionale Migrantes del Belgio, i nuovi emigranti, ai quali “bisogna offrire delle comunità di fede”. Ciò non significa, spiega don Bettoni, “fare del separatismo con la Chiesa del Belgio, ma favorire la valorizzazione delle ricchezze comuni”. Tre le iniziative delle missioni cattoliche italiane, don Bettoni ricorda “il corso di formazione mensile che i missionari tengono in sei punti diversi del Belgio, nello stesso giorno e orario. È un modo per non dimenticare la propria appartenenza ad una comunità di origine straniera. Ci sono poi dei ritiri spirituali che molto presto saranno promossi in collaborazione con i sacerdoti italiani, impegnati nelle missioni di Francia”. Attualmente in Belgio, secondo le statistiche italiane, si contano circa 285 mila nostri emigrati.
C.V.