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"La stazione è la mia Curia"” “

Proseguono le espulsioni di sacerdoti polacchi dalla Russia. La testimonianza di mons. Mazur” “

Dopo il milanese padre Stefano Caprio (11 aprile), il vescovo di origine polacca Jerzy Mazur (19 aprile), il sacerdote ceco Stanislaw Krainac (10 agosto), è toccato ad altri due sacerdoti, i polacchi Edward Maskiewicz e Jaroslav Wisnieswski essere fermati, nei giorni scorsi, alla frontiera russa. Si allunga così la lista delle espulsioni di preti cattolici dalla Russia. Decisioni che hanno provocato la preoccupazione della Santa Sede che il 10 settembre tramite il suo portavoce Navarro-Valls ha fatto sapere che “si tratta di un fatto tanto grave che già qualcuno parla di una vera persecuzione. È ancora più grave che la Santa Sede non abbia ricevuto delle spiegazioni ufficiali sui motivi che sarebbero alla base di queste espulsioni. La Santa Sede si attiverà attraverso i canali diplomatici per risolvere il problema”. Abbiamo posto alcune domande a mons. Jerzy Mazur , vescovo della diocesi siberiana di Irkutsk , da aprile in Polonia, dopo la sua espulsione dalla Russia.

Cosa pensa di queste nuove espulsioni?
“Impedire ai sacerdoti di compiere la loro missione di essere annunciatori di Cristo è il segno di mancanza di tolleranza religiosa. Valgono le parole del portavoce vaticano, Navarro-Valls: ‘si tratta di un fatto tanto grave che già qualcuno parla di una vera persecuzione. È ancora più grave che la Santa Sede non abbia ricevuto delle spiegazioni ufficiali sui motivi che sarebbero alla base di queste espulsioni'”.
L’adozione da parte di Mosca dei provvedimenti contro i religiosi cattolici rischia di provocare una crisi politica?
“Non è la Chiesa ortodossa a negare il rientro dei nostri confratelli ma lo Stato. Per quanto mi riguarda non posso fare altro che invitare alla preghiera per la riconciliazione e l’unità di tutti i cristiani. Bisogna camminare sulla via del dialogo. Manca l’unità ed è anche per questo che si verificano queste difficoltà. La preghiera ci aiuta a superarle”.
La preghiera deve essere accompagnata da un’azione diplomatica…
“Certo. Ed è questo anche il senso dell’intervento che la nunziatura apostolica a Mosca ha fatto presso il ministero degli esteri russo circa il caso recente del religioso Edward Mackiewicz a cui è stato annullato il visto impedendogli di fatto il rientro in Russia. E la stessa cosa è accaduta ad un altro sacerdote Jaroslav Wisniewski. Attendiamo ora di capire i motivi di tali decisioni”.
Dopo l’espulsione dalla Russia, come porta avanti la missione pastorale nella sua diocesi siberiana di Irkutsk?
“Con difficoltà ma anche con pazienza e tenacia. La mia diocesi è grande 28 volte l’Italia. Le vecchie e nuove tecnologie, come telefono e posta elettronica, per quanto utili a mantenere i contatti e a comunicare, non suppliscono alla mancanza di presenza umana. Qui dalla Polonia, dove mi trovo, non posso celebrare la messa né amministrare i sacramenti. La presenza in mezzo alla gente, ai religiosi e ai sacerdoti è importante”.
Come hanno reagito i fedeli alla sua espulsione?
“Con paura ma anche con grande speranza per il futuro. Con i sacerdoti polacchi e slovacchi della mia diocesi cerchiamo di incontrarci ogni volta che rientrano per il rinnovo del permesso di soggiorno. Gli incontri avvengono nelle stazioni dei treni, negli aeroporti. Questi luoghi sono diventati la mia Curia”.
Non teme che venga negato anche a questi sacerdoti il permesso di rientrare in Russia?
“Certamente. Ma non bisogna perdere la speranza e la pazienza. Bisogna confidare in Gesù perché possa ispirare i giusti passi della diplomazia per risolvere queste difficoltà e condurci con fede sui passi del dialogo e della reciproca conoscenza con i fratelli ortodossi”.
Daniele Rocchi