“E’ stato importante vedere a che punto si trovano le comunità cristiane nella ricezione e nell’attuazione di questa Charta Oecumenica”. Lo ha detto mons. Giuseppe Chiaretti, arcivescovo di Perugia che in qualità di presidente della Commissione per l’ecumenismo della Conferenza episcopale italiana ha partecipato ai lavori di Ottmaring. Per l’arcivescovo, “più che un documento la Charta è un progetto di lavoro che ci consente di organizzare iniziative di carattere pratico”. Chiaretti ha sottolineato la presenza, in ambito ecumenico, di uno “spostamento d’accento dalla teologia speculativa ad una riflessione invece più direttamente operativa. È quello che dalle relazioni è apparso, soprattutto come richiesta dei giovani, i quali non riescono a capire più il significato di certi arroccamenti e considerano più significativi gli incontri e gli impegni delle situazioni pratiche portate avanti con motivazioni di fede”. Ciò, però precisa mons. Chiaretti – non deve “negare l’importanza del dialogo teologico”. “Credo aggiunge – che siano da sollecitare i teologi e gli esperti perché facciano riflessioni con particolare impegno e contemporaneamente si proceda su un piano di teologia pratica”. “La storia va vissuta oggi afferma l’arcivescovo – non possiamo continuare a tirarci dietro il peso dei secoli passati, bisogna pur torvare delle forme risolutive, con il coraggio che è un po’ dei profeti”. Anche padre Thomas Norris, segretario della Commissione episcopale per l’ecumenismo irlandese, ha parlato di coraggio. Ricordando un proverbio irlandese che dice: “la vita può essere un’avventura fantastica o un viaggio noioso”, Norris ha spiegato che “l’esperienza ecumenica deve essere un’avventura coraggiosa, dove non siamo noi a comandare ma Dio, tramite lo Spirito Santo, che è il vero protagonista che apre le strade e le possibilità a noi impensate. Il nostro compito è quello di rischiare e ascoltare e rispondere alla voce dello Spirito Santo”.