Lettera da Ottmaring” “

I rappresentanti delle Chiese si rivolgono ai cristiani d’Europa con un appello a pregare per la pace e la giustizia” “

In questo primo anno di vita, la Charta Oecumenica “è stata usata ampiamente ed efficacemente per stimolare e concentrare gli sforzi di dialogo tra le Chiese”. Ora i cristiani europei guardano al futuro, e soprattutto, agli “esempi concreti” che possono svilupparsi dal testo per una sua “implementazione” nei contesti locali. “Non dobbiamo guardare alla Carta come se fosse l’ultima parola detta sul cammino ecumenico, ma come un’importante tappa lungo questo percorso”. E’ quanto si legge nella “lettera da Ottmaring” che i rappresentanti del Consiglio delle Conferenze episcopali europee (Ccee) e della Conferenza della Chiese d’Europa (Kek) hanno inviato alle loro Chiese, a conclusione di un incontro promosso, dal 7 al 10 settembre, nella città tedesca per fare il punto sul processo di ricezione del testo in Europa. Alla consultazione hanno partecipato i rappresentanti dei due organismi europei, provenienti da 26 paesi. “Abbiamo lasciato Ottmaring alla vigilia del primo anniversario dell’11 settembre – scrivono i rappresentanti della Chiese europee -, preghiamo perché la Charta possa contribuire alla pace e alla giustizia nel mondo”.

La Charta Oecumenica fu firmata a Strasburgo nell’aprile 2001 dopo un lungo processo di consultazioni. Contiene una serie di impegni per le Chiese: la partecipazione “alla costruzione di un’Europa giusta”; la riconciliazione “dei popoli e delle culture”; la salvaguardia del creato; il “rafforzamento dei legami con l’ebraismo, lo sviluppo delle relazioni con l’Islam e la promozione dell’incontro con altre religioni e visioni del mondo”.
L’incontro di Ottmaring ha dato la parola a tutti i partecipanti offrendo così un ampio orizzonte delle attività che le Chiese hanno promosso in questo primo anno ma anche uno spaccato realistico delle difficoltà che la Charta ha suscitato in alcune regioni europee. “Siamo consapevoli – si legge nella lettera – che il lavoro dello Spirito Santo è presente anche nelle difficoltà e nelle sfide che affronteremo insieme”.
Alla luce di quanto emerso, la lettera alle Chiese indica alcune prospettive di lavoro futuro. Le Chiese sottolineano “l’importanza” di impegnarsi su “alcuni temi-chiave” come “la povertà e l’esclusione sociale in Europa, gli effetti delle migrazioni e dell’esodo dei rifugiati politici, l’ambiente e l’integrità della creazione”. Nella lettera i membri del Ccee e della Kek chiedono alle Chiese di “usare la Charta come base per continuare ed approfondire il dialogo teologico, specialmente sulla natura e la missione della Chiesa e il sacramento dell’Eucarestia”. “Ci chiediamo – si legge ancora nel testo– quanto forti siano i legami di comunione tra le Chiese in e al di là dell’Europa e come essi possano influire sulle risposte alle travagliate regioni dell’Europa, del Medio Oriente e in ogni luogo”. Altro terreno di impegno comune per le Chiese è il riconoscimento della testimonianza di “coloro che sono morti per Cristo, specialmente nel XX secolo”. Riprendendo una frase contenuta nella Charta, le Chiese affermano che i martiri sono segni che dicono oggi al mondo che “Gesù Cristo … è la nostra più grande speranza di riconciliazione e di pace”.
Nella lettera, le Chiese esprimono anche la loro gratitudine alla Charta per aver “incoraggiato le Chiese ad intensificare il dialogo con i rappresentanti dell’ebraismo e dell’Islam”. Ed aggiungono: “Siamo anche più consapevoli dei particolari contesti di difficoltà storiche e culturali all’interno dei quali alcune Chiese cercano di proseguire questo dialogo”. Il processo di ricezione della Charta si è diversificato a seconda delle singole esperienze e vita delle Chiese. “Dove c’è un lunga e stabile cooperazione tra le Chiese – sintetizza la lettera – la Charta può agire come sprone per aiutarci ad evitare ogni compiacenza e rivitalizzare la nostra missione ed il nostro servizio. Nei luoghi invece dove le relazioni tra le Chiese possono essere più tese e meno facili, la Charta può aiutare a restaurare la fiducia ed approfondire l’amicizia”. L’invito alle Chiese è di trovare “esempi concreti” di implementazione della Charta nei particolari contesti locali, ricordando che la Charta “più è guardata come qualcosa di donato e non di imposto, più feconda può essere al servizio della nostra missione nel tempo che verrà”.