Quotidiani e periodici” “

Il tragico anniversario dell’11 settembre monopolizza l’attenzione dei principali quotidiani europei e internazionali. “I nostri lettori raccontano…”: è la forma scelta dall’ Herald Tribune (10/9) per commemorare le vittime degli attentati terroristici alle Torri Gemelle di New York e al Pentagono di Washington. Il quotidiano dedica infatti un intero “speciale” all’anniversario: a parlare sono alcuni dei circa 200 lettori che hanno inviato in redazione “poesie e prose, fotografie e lavori artistici come testimonianza sugli eventi” che hanno sconvolto il mondo. La Croix (6/9) offre uno “sguardo” su come gli europei “vivono” l’11 settembre un anno dopo. Secondo Bruno Frappat, gli europei sono divisi “tra la virtù del ricordo e dell’omaggio, l’insorgere della compassione, un retrogusto amaro che mescola i rischi della sovraesposizione mediatica e l’impressione, per gli uni, che il crimine non sia stato ‘lavato’ e, per gli altri, che l’America esageri sulle minacce incombenti”. Un’ “incertezza”, questa, che secondo l’editorialista è dovuta al fatto che l’11 settembre ha portato tutti a chiederci se “ci saranno altre guerre, altri nemici” e ci ha spinto “ad interrogarci sull’esistenza del bene e del male, di valori universali, sul rapporto delle religioni con il mondo e sulla loro attitudine alla libertà”. Alla vigilia dell’anniversario, Le Monde (10/9) dedica l’apertura alle misure “preventive” annunciate dal presidente americano Bush contro l’Iraq e mette in primo piano nelle pagine internazionali uno studio dell’Istituto internazionale di studi strategici da cui risulta che “il regime di Saddam Hussein non ha i mezzi per sviluppare rapidamente l’ordigno nucleare”, anche se “dispone ancora di armi biologiche e chimiche”. “L’Iraq – spiega nel dettaglio Jacques Isnard nell’articolo – potrebbe mettere insieme una bomba atomica in qualche mese, se ottenesse materia fissile da una fonte straniera ma, nel suo stato tecnologico attuale, sembra improbabile che ne possegga o sia un procinto di produrne da qui a qualche anno. Per contro, l’Iraq possiede una competenza di base e delle capacità industriali sufficienti per produrre armi biologiche”.

Grande l’attenzione della stampa tedesca verso l’anniversario dell’11 settembre e il possibile conflitto Usa/ Iraq, particolarmente alla luce della posizione del governo Schröder che rifiuta qualsiasi intervento bellico anche sulla scorta di una risoluzione delle Nazioni Unite. Nel settimanale Die Zeit n. 37/2002 del 5/9, Josef Joffe osserva: “ Chi vuole togliere a Saddam il potenziale atomico, non può correre il rischio mortale di una guerra prima di aver provato con tutti gli altri mezzi, anzitutto con la restaurazione del regime delle ispezioni. A questo compito inevitabile dovranno partecipare anche i tedeschi“. Jochen Hehn annota su Die Welt del 5/9 che “ i diversi pareri” sull’intervento in Iraq “ dividono non solo la comunità dei 15 ma anche il rapporto privilegiato tra tedeschi e francesi“. Dello stesso parere Stefan Kornelius che sulla Süddeutsche Zeitung del 7/9 scrive: “ L’ordine politico europeo, con il suo sistema di cooperazione e di compromesso, urta contro la volontà di determinazione americana, che opera con le leggi dello Stato nazionale classico e ignora qualsiasi legame. L’attacco islamico ha ottenuto un importante scopo: l’11 settembre esercita il suo effetto distruttivo sul sistema occidentale“. Circa la posizione dell’Europa sull’Iraq, la Frankfurter Allgemeine Zeitung del 10/9 afferma: “ Chi dubita della capacità degli europei in politica mondiale ha le sue conferme in questi giorni. Evidentemente in Europa nessuno che abbia un peso pensa più ad elaborare una posizione comune“. Nello stesso numero, Matthias Rüb commenta: “ L’ultima offensiva mediatica del governo [Usa] è una specie di ripasso della minaccia delle armi irachene di distruzione di massa per l’opinione pubblica nazionale e internazionale, così come per gli scettici alleati. Accanto a ciò c’è spazio solo per un altro tema: il ricordo dello choc prima dell’anniversario, quando l’America scoprì la propria vulnerabilità in modo così atroce. Ovviamente, le due cose sono inseparabili“. “ Usa contro Iraq – La guerra annunciata“, titola Lo Spiegel n. 37 del 9/9. “ Il cancelliere Schröder usa la minaccia della guerra contro l’Iraq per una rischiosa prova di forza con la potenza mondiale americana. Così ottiene lo slancio desiderato in campagna elettorale – magari la vittoria? Ma il prezzo della linea conflittuale potrebbe essere l’isolamento dagli alleati“, avvertono Ralf Beste e Alexander Szandar.