vescovi europei" "
” “"Parliamo di un’Europa senza confini ma questi restano in termini di ” “lingua, cultura, ” “religione". Alla Chiesa ” “il compito di aiutare ” “a trascenderli ” “
“Come cristiani dobbiamo avere la fede e la forza di affermare che i confini non devono diventare la causa di nuovo conflitto, discriminazione o esclusione”, è stata la conclusione dell’annuale università estiva promossa dalla Commissione degli episcopati della comunità europea (Comece), che si è svolta dal 7 all’11 settembre a Celjie in Slovenia. 35 giovani delegati delle conferenza episcopali di 18 Paesi europei, hanno riflettuto, con l’aiuto di studiosi, giornalisti, funzionari dell’Unione Europea, esponenti della Comece su un tema di particolare attualità:
“Segnare i confini, attraversare i confini e convivere pacificamente: una sfida per la Chiesa cattolica in Europa”. Al termine dell’incontro è stato diffuso un documento che prende spunto dalla sfida rappresentata dall’imminente allargamento dell’UE da 15 a 27 Paesi e dalla modifica dei trattati costitutivi dell’Unione intrapresa dalla Convenzione per il futuro dell’Europa che si riunisce in questi mesi a Bruxelles.
“Questa ‘europeizzazione’ dell’Unione Europea, come la chiama Giovanni Paolo II afferma il documento finale dell’incontro solleva alcuni problemi riguardo ai confini: i confini politici stanno scomparendo all’interno dell’Unione e nuovi confini esterni saranno innalzati”. Spesso, prosegue il testo della Comece, “parliamo di un’Europa senza confini, tuttavia essi restano all’interno dell’UE in termini di lingua, cultura, temperamento, persino religione”. In tale contesto, “la Chiesa cattolica può e deve offrire uno speciale contributo per superare i confini in seno all’Europa unita poiché la sua identità di Chiesa locale e allo stesso tempo universale è un esempio della ricchezza che si può trovare nella diversità e nella comunità”. Per questo motivo, afferma il documento, “lo sviluppo di una coscienza europea, insieme al nostro senso di identità locale, regionale e nazionale, non è solo auspicabile ma necessario per fare fronte alle sfide politiche, etiche e antropologiche che attendono l’Unione Europea. E la responsabilità della Chiesa nel favorire lo sviluppo di tale coscienza non risiede solo nei vescovi, che già lavorano insieme in organizzazioni come la Comece e il Ccee (Consiglio delle Conferenze episcopali europee) ma anche nei laici, nel clero e nei religiosi”. “Servono sforzi sempre maggiori a livello di base conclude il documento come, ad esempio, gemellaggi tra parrocchie e diocesi, scambio di operatori pastorali tra le chiese, se si vuole raggiungere una vera comunità europea”.
Al convegno hanno portato un contributo diverse personalità del mondo politico e culturale: “Una crescente forma di insicurezza sta emergendo tra i cittadini dell’Unione”, ha sottolineato Harald Harting della Commissione europea per l’educazione e la cultura, “la globalizzazione, l’abbattimento delle frontiere, i complicati processi decisionali e l’impossibilità di intervenire direttamente in questi processi, attutiscono il senso di appartenenza all’Europa e promuovono la creazione di nuove barriere tra i cittadini europei”. La soluzione per l’UE sembra risiedere nella regionalizzazione. Come riportato anche dal documento finale più del concetto di nazione è in causa l’identità dei cittadini dell’Unione, in questo senso va inteso il sempre maggiore riferimento all’identità regionale da parte dei cittadini.
Per Alojz Peterle, membro del Parlamento sloveno e membro della presidenza della Convenzione europea per il futuro dell’Europa, “il ruolo delle regioni aumenterà sempre più rispetto a quello delle nazioni, ma non lo sostituirà. La Slovenia ne è un esempio in quanto è una nazione ma è anche una regione in cui sono coinvolte cinque altre nazioni. Si tratta di capire che il concetto di nazione è un concetto sempre in divenire, mai statico”. A confermare l’impegno della Chiesa cattolica nella costruzione dell’Europa è stato Peter Nissen, docente presso l’Università Cattolica di Nijmegen per il quale “la Chiesa locale, che per definizione è legata ad un territorio, ha in sé la capacità di trascenderlo perché è universale”.