buddismo" "

Il dialogo e l’identità” “

Di fronte alla crescente diffusione del buddismo in Europa, le Chiese invitano i cristiani a prepararsi al confronto e alla conoscenza reciproca” “

Una visione del mondo ed una pratica religiosa che suscitano simpatia. Così si presenta il buddismo agli occhi degli occidentali. Una realtà ormai numerosa (le statistiche parlano di un milione di simpatizzanti), presente in tutti i paesi del continente. Per prenderne atto, una trentina di delegati di 16 Conferenze episcopali europee si sono dati appuntamento a Strasburgo dove il Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso e il Ccee (Consiglio delle Conferenze episcopali europee) hanno promosso la seconda Consultazione sul buddismo in Europa. A tre anni dalla prima consultazione (avvenuta a Roma nel 1999), l’incontro di Strasburgo ha avuto per tema: “Attenzione pastorale al diffondersi del buddismo in Europa: difficoltà, soluzioni e fattori di incoraggiamento al dialogo con il buddismo”. Per capire meglio questa realtà, abbiamo parlato con alcuni dei partecipanti.

Le ragioni di una simpatia. Innanzitutto qualche dato: le presenze più numerose di buddisti in Europa si trovano in Francia (350 mila), in Germania (170 mila), e nel Regno Unito (180 mila). Seguono l’Italia con 75 mila buddisti, l’Olanda (33 mila) e la Svizzera (25 mila). Ma perché in Europa e negli Stati Uniti, il buddismo ha così tanto seguito? “Il buddismo – spiega suor Katrin Amell, religiosa svedese domenicana, profonda conoscitrice della meditazione Zen e responsabile nel suo Paese del dialogo con i buddisti – fa presa per diversi motivi”. Innanzitutto perché “appare più come un modo di vita che non come una religione con un sistema costituito di verità ed una istituzione gerarchica”. Nel buddismo, inoltre, è possibile aderire ad una visione di vita, “senza necessariamente appartenere alla istituzione religiosa”. Per questi motivi, il buddismo penetra molto facilmente in una “società individualistica come quella europea”. Per suor Amell “la Chiesa deve prendere sul serio” questo fenomeno e “considerarlo non come un movimento alla moda né come una minaccia per il cristianesimo, ma come una via spirituale, seguita da 2500 anni con cui entrare in dialogo”. “La conversione di un cristiano verso il buddismo – dice invece Hans Vöcking del segretariato del Ccee – è una decisione dolorosa per la comunità cristiana ma che, secondo l’insegnamento stesso della Chiesa cattolica, bisogna accettare perché ciascuno è libero di scegliere la sua vita di fede”.

Formazione e dialogo del cuore. Come entrare in dialogo con questa realtà? Zen, buddismo tibetano, Thevarada. Il pianeta buddismo è formato da differenti forme e tradizioni, ognuna delle quali ha scuole con differenti posizioni di fede e pratica buddista. Un mondo complesso che ha bisogno di interlocutori preparati. Lo sottolinea Hans Vöcking che pone la formazione tra le indicazioni “pastorali” emerse durante la Consultazione di Strasburgo. “Occorrono – dice – persone preparate che conoscano la situazione del buddismo in ogni paese e diocesi e che possano aiutare i vescovi e le Conferenze episcopali in questo compito di dialogo con i buddisti”.
“Il dialogo – ricorda mons. Felix Machado del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso – fa parte della missione. E questa missione si deve riflettere nella vita concreta e locale della Chiesa”. Anche mons. Machado ritiene che la varietà dei gruppi e delle scuole all’interno del buddismo richieda un particolare sforzo di preparazione e formazione al dialogo. “Formazione – precisa – alla fede cristiana e formazione al dialogo. Il dialogo è ascolto con il cuore, chiede di non vedere qualcuno con l’etichetta di un’appartenenza religiosa ma di considerarlo come una persona. Ma occorre anche studiare a fondo le tradizioni religiose con cui si viene in contatto e nel caso del buddismo, conoscerne la varietà”. Le Chiese – aggiunge mons. Machado – hanno preso consapevolezza anche del fatto che “la maggior parte del buddismo in Europa è quello praticato dagli europei” e si sono interrogate sul “perché alcuni cristiani sono attirati da questa tradizione”. Di fronte a questa realtà, è emersa da più parti “la necessità – sottolinea mons. Machado – di riaffermare quelle verità di fede per così dire dimenticate, affinché le ricchezze del cristianesimo siano rivisitate e riscoperte”.
Maria Chiara Biagioni
inviata SirEuropa a Strasburgo