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Le chiese scrivono a Giscard” “

Le chiese chiedono alla Convenzione per il futuro dell’Europa di considerare il contributo delle diverse confessioni religiose alla costruzione dell’Unione ” “

Le chiese cristiane d’Europa hanno scritto al presidente della Convenzione per il futuro dell’Europa, Valéry Giscard d’Estaing, per chiedere un riconoscimento nel futuro trattato costituzionale dell’Unione Europea. La lettera del 27 settembre scorso porta la firma di mons. Noël Treanor, segretario generale della Comece (Commissione degli episcopati della Comunità Europea) e di Keith Jenkins, segretario generale aggiunto della Conferenza delle Chiese europee (Kek) e direttore della Commissione “Chiesa e società”.

Il diritto alla libertà religiosa
Le chiese chiedono alla Convenzione per il futuro dell’Europa di considerare il contributo delle diverse confessioni religiose alla costruzione dell’Unione. Per questa ragione invitano la Convenzione ad inserire nel futuro trattato le seguenti affermazioni: “L’Unione Europa riconosce e rispetta il diritto delle chiese e delle comunità religiose ad organizzarsi liberamente secondo le leggi nazionali, le loro convinzioni e i loro statuti e a perseguire i propri scopi religiosi nel rispetto dei diritti fondamentali”. In secondo luogo “l’Unione Europea rispetta la specifica identità e il contributo alla vita pubblica delle chiese e delle comunità religiose e mantiene un dialogo strutturato con esse”. Infine viene chiesto alla Convenzione di inserire nel futuro trattato costituzionale una terza affermazione: “L’Unione Europea rispetta e non pregiudica lo status delle chiese e delle comunità religiose previsto dalle legislazioni degli Stati membri. L’Unione ugualmente rispetta lo status delle organizzazioni filosofiche e non confessionali”. In particolare, nella lettera indirizzata a Giscard d’Estaing, le chiese cristiane d’Europa richiamano la necessità di vedere garantito “il diritto all’autodeterminazione e la tutela delle proprie attività religiose, di culto, caritative, culturali nonché la cura pastorale”. Una richiesta motivata dal fatto che secondo la Comece e la Kek queste libertà non sarebbero “esplicitamente garantite” dall’art. 10 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea e dall’art. 9 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo del Consiglio d’Europa poiché si tratta di strumenti che regolano “primariamente diritti individuali”. Mentre “organizzarsi in comunità con altri secondo le proprie convinzioni ed agire conformemente ad esse è un essenziale elemento di libertà religiosa”.

Serve un “dialogo strutturato”
La lettera ribadisce che “sulla base del loro impegno a livello locale, regionale, nazionale ed internazionale, in campi diversi, dalla politica sociale, alle migrazioni, dalla pace all’istruzione, le chiese e le comunità religiose possono dare un grande contributo al dialogo e alla richiesta di valori nella politica”. Il “dialogo strutturato” diventa perciò “elemento essenziale della società democratica caratterizzata dal ruolo delle leggi e dal rispetto dei diritti fondamentali e non pregiudica lo status delle chiese e delle comunità religiose previsto dalle legislazioni degli Stati membri”. Da questo dialogo, tuttavia, non possono restare fuori “le organizzazioni filosofiche e non confessionali” il cui status si chiede “venga ugualmente rispettato dall’Unione”. Lo scorso 25 giugno, Keith Jenkins era intervenuto a nome di tutte le chiese cristiane nel corso della sessione plenaria della Convenzione per il futuro dell’Europa, dedicata all’ascolto della società civile (cfr SirEuropa n.25 del 27 giugno 2002). “L’Unione Europea – aveva detto in quell’occasione il rappresentante delle chiese – deve essere una comunità di valori”. Jenkins aveva anche chiesto alla Convenzione che il futuro trattato costituzionale includa quanto previsto dalla dichiarazione n.11 dell’atto finale del Trattato di Amsterdam, vale a dire l’impegno dell’UE a rispettare lo “status delle chiese, delle associazioni religiose, delle comunità e degli enti non confessionali così come riconosciuto da ogni Stato membro”. Richiesta ribadita nella recente lettera a Giscard d’Estaing.
Daniele Rocchi